L’aria dell’Avana è un aria sporca e per certi versi innocente. Ma non è quell’innocenza che deriva dalla purezza, ma un innocenza dovuta alla mancanza di alternative, un innocenza per certi versi diabolica, persa fra le credenze della santeria e una fame fin troppo reale che attanaglia lo stomaco. Un vero habanero si muove nella città senza uno scopo preciso se non sopravvivere, in un paese che attraversa un periodo di crisi della sua storia in emergenza perenne. Ed allora gli istinti vengono amplificati e le pulsioni di sopravvivenza hanno il sopravvento sulle altre emozioni che si perdono in quell’ambiente riottoso che è Cuba e la sua caotica capitale. Una sorta di serena rassegnazione permea gli animi delle persone e quasi non si combatte più lo stato delle cose. Si sopportano le calde giornate consapevoli che, dopotutto, vivere è anche sopravvivere: tutt’al più si edulcora l’esistenza con qualche bottiglia di rum scadente, qualche boccata di marijuana e tanto, tanto sesso che, per quanto sia, a Cuba si può vivere senza troppi problemi e risvolti sentimentali. Pedro Juan, il protagonista, omonimo dell’autore, è uno di questi cubani ed ama le donne in modo sfrenato, senza troppi problemi morali, in una maniera primitiva, animalesca. Ma almeno, in questo modo, per Pedro l’insopportabile lo è di meno e la stanza in cui vive, sciolta da una canicola insopportabile e appiccicosa, stretta fra le mura di un sudicio palazzo sul lungomare, sembra un posto migliore, mentre l’immensità del mare caraibico su cui si affaccia gli ricorda la propria pochezza di fronte al mondo,
“così è la vita (…) come nei naufragi, si salvi chi può”.
In definitiva, questo breve romanzo riesce in modo abbastanza incisivo a trasmettere un'atmosfera che a Cuba è unica, in cui si mischiano tragicità e godimento, tristezza e gaudio, ma con una punta di malinconia in più rispetto alla Cuba stereotipata fatta di musica, rum, spiagge e donne stupende. La struttura del testo inoltre non è quella classica del romanzo ma è venata da una leggera poetica che irrora le pagine lasciando alla fine della lettura un sensazione strana, fra l’anestetico e l’onirico; una scrittura atipica che può anche frastornare lievemente le persone più impreparate o meno portate a letture poco classiche. Quello che può sembrare però un limite allo stesso tempo si rivela una piacevole opportunità per una lettura diversa dal solito, ed allora ad ogni lettore il proprio giudizio!