Natalia Ginzburg Lessico Famigliare
Mondadori-De Agostini, 1992, £ 18000
di Simona
Ecco qua un classico, un libro pubblicao nel 1963 di cui si è sempre sentito parlare ma che, forse proprio per questo, in pochi sentono il deisiderio di leggere. Inoltre, lo strano nome dell'autrice e il titolo bizzarro potrebbero lasciare presagire pagine di elucubrazioni linguistiche poco malleabili. Invece: niente spiegazioni sintattico-grammaticali riguardo alla lingua italiana, al dialetto piemontese o alle varianti della lingua ebraica, ma è uno scritto che vuole testimoniare l'amore dell'autrice verso la propria famiglia realizzando un'opera che sta a metà fra la cronaca e il romanzo in cui la Ginzburg racconta le vicende della sua famiglia in maniera sorprendentemente asciutta e scarna, quasi telegrafica. Natalia Ginzubrg riporta, riferisce, racconta, descrive e non commenta. Con gli occhi della piccola di casa che sembra essere al di fuori da tutto e a cui invece non sfugge nulla, essa racconta della sua famiglia borghese, con pochi soldi e frequentazioni intellettuali che, a Torino negli anni trenta e quaranta, vede passare la Storia attraverso il proprio salotto: non so se sia perché quello era un periodo eccezionalmente ricco di personalità straordinarie -Turati, Olivetti, Pavese, Einaudi, Leone Ginzburg frequentano la casa di Natalia- o se sia perché periodi che sono di fatto eccezionali fanno emergere energie e consapevolezze che normalmente rimangono sopite a favore di abitudini più banali. Tuttavia la grandezza di questo libro è davvero il suo lessico poiché è attraverso modi di dire, racconti di famiglia, nomi di parenti, zii, fratelli, amici, che Natalia Ginzburg ripercorre ricordi, avvenimenti e autentici drammi con una leggerezza che è sinonimo di grande, grandissima dignità. Del resto il suo affetto verso la propria famiglia non è mai dichiarato ma emerge più chiaramente che se avesse scritto mille dichiarazioni d'amore poiché l'attenzione verso le piccole cose, i ricordi comuni, i modi di dire riflettono una tenerezza profonda e indelebile. Così il burbero padre di Natalia ha segnato la giovinezza dei propri figli con terribili urla :"Non fate malagrazie! Non leccate i piatti! Non fate sbrodeghezzi! Non fate potacci!" Oppure "Voialtri non sapete stare a tavola! Non siete gente da portare nei luoghi!" e "Vi stufate perché non avete vita interiore!". Del resto anche la nonna aveva spesso da ridire " Voi fate bordello di tutto. In questa casa si fa bordello di tutto: frase rimasta famosa in famiglia e che usavamo ripetere ogni volta che ci veniva da ridere su morti o funerali". E poi c'era la madre di Natalia, incapace di combinare nulla di concreto, svampita ma dolce, con una passione sfrenata per il cinematografo e che si lamentava della figlia più piccola " La Natalia non da spago, non è come la Paola, non mi da spago!" E poi si inquietava "Mi stufo! Non ho più da fare, non c'è più niente da fare in questa casa. Sono andati via tutti. Io mi stufo!" e allora andava al cinematografo con la Frances. E quando tutti i fratelli di Natalia vennero liberati dopo essere stati incarcerati per antifascismo, la loro incredibile madre disse " Ora si ricomincia con la vita noiosa!". Che cosa c'è di più autentico per testimoniare l'affetto tra chi ha abitato la stessa casa di una parola che, solo a pronunciarla, basta a evocare interi mondi di memorie, esperienze e ricordi?