Mordecai Richler Solomon gursky È stato qui
Adelphi
di Francesco Ongaro
Passato e presente si intrecciano, si sovrappongono, divengono una pasta molle che lievita pagina dopo pagina, attraverso un intrico di nessi che si ingarbugliano in una rete di segni dai molteplici significati. A tenere insieme il filo della narrazione ci pensa l’indole critica e ammirata di Moses Berger, scrittore brillante ma rovinato dall’alcol, ossessionato dalla vicenda di Solomon, incapace di portarne a termine la biografia nonostante il materiale raccolto in una vita di lavoro.
L’inizio del romanzo è scoppiettante, coinvolgente – Solomon è carismatico come il nonno Ephraim - ma l’eccessivo numero di personaggi, nessuno dei quali trascurato dall’autore, appesantisce poco a poco la lettura. Procedendo nella narrazione ci sono delle cadute di ritmo, dei passaggi a vuoto, e anche il finale non è all’altezza. O forse Mordecai Richler, con La versione di Barney, ci aveva abituati a ben altro. Fatto sta che, al termine del libro, si rimane con l’amara sensazione di avere avuto tra le mani un grande romanzo riuscito solo a metà.
Lo stile di Mordecai Richler è comunque inconfondibile. Un’equilibrata miscela di erudizione e di sarcasmo, che gli permette di passare agevolmente dalla filosofia al commento delle partite del campionato di hockey. Ciò che emerge nitidamente nel romanzo è l’epica delle esplorazioni artiche e lo spirito dei pionieri che si sono stanziati in Canada nel XVIII e XIX secolo, costruendo una nazione dove c’erano solo tundra e ghiacci, ma distruggendo le popolazioni autoctone. Lo spirito caustico di Mordecai Richler aderisce alla vita di questi pionieri con un’efficacia notevole, come nel dialogo tra Bernard sul letto di morte e sua moglie. "Bernie, Bernie. Credi in Dio?". "Come puoi dire stronzate simili in un momento come questo?". "Non sono stronzate, tesoro". "Non sono stronzate, dice lei. Ma non capisci. Non capisci proprio niente? Se Dio esiste io sono fottuto".
Consigliabile a chi ha letto e apprezzato La versione di Barney. Chi non avesse giudicato positivamente il romanzo precedente, difficilmente apprezzerà le vicissitudini dei Gursky.