Mo Yang

Mo Yang Il paese dell`alcol


Einaudi, 2016 Narrativa Straniera | Noir

15/03/2016 di Corrado Ori Tanzi
La motivazione che nel 2005 valse il Nobel a Mo Yang citava il “realismo allucinato” che “fonde racconti popolari, storia e contemporaneità”. Scritto nel 1992 e riveduto sette anni dopo, Il paese dell’alcol condensa il significato della scelta dell’Accademia svedese.

Il racconto parte dall’inchiesta che l’ispettore Ding Gou’er apre a Jiuguo, centro che, secondo alcune segnalazioni, accanto alla sua celebre produzione di alcol e liquori si segnalerebbe per un’abitudine un po’ meno ordinaria: la carne di neonato, definita insuperabile per prelibatezza, offerta da alcuni ristoranti á la page alla clientela più ricca. Un’indagine che viene immediatamente ostacolata in un modo un po’ inusuale ma estremamente efficace. L’ispettore infatti viene in continuazione invitato a banchetti e feste ufficiali di partito e municipalità senza che possa rifiutarsi e la gran quantità di alcol che volente o nolente deve ingurgitare lo trasporta in una dimensione allucinata che gli rende impossibile distinguere se quello che sta masticando era veramente un braccino di neonato o un gambo di fiore di loto sapientemente modellato con forma affine e cucinato ad arte dal cuoco. In questa dimensione di perenne nube alcolica Ding Gou’er s’imbatte in una serie di personaggi che compongono una commedia umana dove la manipolazione e la cortesia si fondono in una realtà fantastica da cui sembra impossibile uscire.

A rendere ancor più nebulosa la distinzione tra realtà e finzione le missive che lo stesso Mo Yang, ora personaggio letterario, scambia con un suo devoto fan, un po’ scrittore dilettante e un po’ esperto di distillazione di alcolici, di stanza proprio a Jiuguo.

Ci vuole penna d’oro per comporre un’opera noir che, vivendo sul continuo rimando tra testo e metatesto, non perda il pathos dell’investigazione. E il gioco di specchi creato dal padre di Sorgo Rosso e Addio mia concubina è talmente perfetto da non chiedere al lettore altro sforzo che la semplice lettura. Poi Il paese dell’alcol non si esaurisce nella sola impalcatura narrativa. L’intreccio tra sordide vicende umane e la metafora del cannibalismo, che in Cina affonda potenti radici nella sua tradizione culturale, è composto con una scrittura elegante, raffinata quasi quanto la (supposta) abitudine di ricompensare adeguatamente i genitori che cedono i propri neonati da destinare a pranzi e cene indimenticabili.

Come indimenticabile, per l’autore, la corruzione e la sete di potere che una società che ancora si dice comunista ha sdoganato ormai a pratica naturale per il corretto corso delle cose, quasi unico motore e paracadute perché una terra esplosa nella popolazione e nell’economia mantenga il suo fragile equilibrio. Gran romanzo.

 

Mo Yang – Il paese dell’alcol, Einaudi, 376 pagg., 21 euro

Corrado Ori Tanzihttps://8thofmay.wordpress.com