Leo Longanesi

Leo Longanesi La sua signora, 2017


Longanesi Narrativa Italiana | Narrativa Italiana | Aforismi

16/05/2017 di Corrado Ori Tanzi
Controcorrente per gruppo sanguigno, paradossale, geniale (in un periodo in cui quando si diceva genio si pensava a Leonardo da Vinci o Mozart non a Saviano), linguista aggressivo, italiano senza chiese (né quella religiosa né quelle laiche), spirito arguto, caustico e mordace. Fondamentalmente, un uomo triste (definizione di Montanelli), che tirava di sciabola perché altrimenti avrebbe dovuto passare il tempo a osservare l’abisso.

Leo Longanesi è stato una delle più micidiali teste pensanti del nostro Paese dello scorso secolo, che in soli 52 anni di vita (1905-1957) ci ha lasciato un’eredità corposa di idee e novità. Giornalista, scrittore, editore, ma anche pittore, aforista insuperabile (insieme all’amico Flaiano). Dalla sua testa nel 1950 uscì Il Borghese, forse il periodico più innovatore dal punto di vista editoriale del nostro Paese (dentro un alveo culturale conservatore), rivoluzionario il formato (via il lenzuolo alla Omnibus), messe di disegni cattivissimi, tono sarcastico, sberle per tutti (ma proprio tutti, Chiesa compresa), inserto fotografico e firme, da Prezzolini a Montanelli, quindi Ennio Flaiano, Goffredo Parise, Alberto Savinio, Colette Rosselli.

Oggi la casa editrice da lui fondata e che prende il suo nome ci restituisce un volume strepitoso, quel La sua signora contenente pagine di memorialistica epigrammatica di una bellezza superlativa, impreziosite (sempre che un libro del genere si possa impreziosire) da una coinvolgente prefazione di Indro Montanelli e un’arguta postfazione di Pietrangelo Buttafuoco.

Pubblicato inizialmente da Rizzoli nel 1975, lo sguardo di Longanesi si posa con brevissimi racconti di cronaca quotidiana o con frasi condensate su un universo filosofico e morale di uomini piccoli e donnette dentro cui ritroviamo con vergogna o imbarazzo brandelli di noi stessi.

Il leitmotiv è lo scarto tra grandi idee espresse e ancor più grandi ideali pronunciati e i gesti compiuti nella magnificenza dei nostri giorni ordinari. Ogni campo, professione ne viene coinvolto. Il giornalismo (“La libertà di stampa è necessaria soltanto ai giornalisti che non sanno scrivere”), le spinte ribelli (“Cercava la rivoluzione, trovò l’agiatezza”), l’etica personale (“Quando suona il campanello della loro coscienza, fingono di non essere in casa“), il mito germanico (“I tedeschi bisogna leggerli, non vederli. Ammirarli di lontano”), la democrazia in salsa italica (“Quando potremo dire tutta la verità, non la ricorderemo più”). Pure se stesso alla berlina: “Per contribuire alla mia immortalità, la signora mi consigliò di togliere una virgola al mio libro. Era la sola cosa che sarebbe passata ai posteri”.

Coscienza che non si è mai intrippata e testa incendiaria, Longanesi (ricorriamo per la seconda volta a Montanelli) “era un grande Maestro. Insopportabile, cattivo, ingiusto, ingrato. Ma un grande Maestro. L’ultimo”.

Se volete incendiare un po’ la vostra testa, se non avete miti umani a cui far da zerbino, se non siete soggiogati dalle vostre stesse idee, queste sono le pagine con cui far recapitare un paio di schiaffoni dati con piacere ed eleganza.

 

Leo Longanesi, La sua signora, Longanesi, pagg. 324, euro 20

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