Kent Haruf

Kent Haruf Le nostre anime di notte


NNE, 2017 Narrativa Straniera | Romanzo

15/06/2017 di Eliana Barlocco
Kent Haruf è uno scrittore americano, che prima di abbracciare la professione ha svolto diversi lavori in vari luoghi. Raggiunge la notorietà a 56 anni dopo una lunga gavetta. Tutti i suoi romanzi sono ambientati nella cittadina immaginaria di Holt in Colorado. Si ritiene che questa cittadina si ispiri ad alcune città in cui Haruf è vissuto, fra cui Yuma, una delle sue residenze nei primi anni 1980.

Il romanzo in questione Le nostre anime di notte, è nell’ambientazione molto americano. Si tratta di un racconto lungo o romanzo breve in cui si incrociano diversi punti di vista che inquadrano un unico problema: quello della solitudine. Uno stato dell’animo che colpisce ogni essere vivente appartenente a qualsiasi fascia di età: anziani, giovani, bambini e persino un cane. Una composizione in cui i diversi piani del passato e del presente si incrociano in una scrittura asciutta, essenziale ma, al contempo, efficace nel tratteggiare le sfaccettature di questa “malattia” del vivere.

La trama è semplice, ma per nulla scontata. Pochi i personaggi: due anziani si incontrano e decidono di unire le loro vite solitarie che fino ad allora si erano solamente sfiorate. Così, notte dopo notte, si raccontano attraverso le loro esperienze tratteggiando ognuno per sé anche una sorta di bilancio della loro esistenza. Sviscerando gli errori fatti e anche le azioni che per mancanza di coraggio non sono state intraprese e scoprendo attraverso il giudizio dell’altro che ancora sono capaci di provare e donare sentimenti. Un giovane, arrabbiato nei confronti del mondo, rinchiuso nel passato e incapace di leggere il presente. Un bambino in balia degli animi tormentati degli adulti che cerca la via per raggiungere l’età matura senza eccessivi traumi. Un cane, con un passato di sofferenza, che ritrova il suo essere cura nel piccolo mondo familiare in cui viene ad inserirsi.

L’essenzialità della scrittura è data (secondo il traduttore) anche dall’urgenza dell’autore di esprimere tali sentimenti. Si tratta della sua ultima opera prima della morte. Una sorta di urgenza nei confronti del tempo che passa e fugge. Ma questa impellenza non è forse solo tipica dell’età e forse non è neanche legata prettamente al tempo. E’ la necessità di sentirsi liberi di dire e fare ogni cosa nei limiti della gentilezza verso gli altri. E’ una resa dei conti fra i personaggi coinvolti: gli anziani verso i figli adulti e i figli adulti verso i propri figli, in un cerchio della vita che va a chiudersi, laddove gli si offra una tale possibilità. E’ un elogio della verità della parola, del detto a fronte del non detto e, forse sta proprio qui l’urgenza che ravvedo: ossia  la voglia, la capacità e la caparbietà di continuare a coltivare (e a difendere) la parola fin dove possibile: “stiamo continuando a parlare. Fin quando potremo. Finché dura”.