
José "pepe" Mujica José “Pepe” Mujica. La felicità al potere
EIR, 2015 - A cura di Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi Biografie | Società
24/12/2015 di Alessandro Leone
Dopo aver letto La felicità al potere ho ritrovato fiducia nell’umanità. Avevo imparato a conoscere la figura di Pepe Mujica ma non così a fondo ed in seguito a questo processo di rivelazione/espiazione, mi sono chiesto: “E’ possibile che io, a 22 anni, abbia già perso la voglia di combattere, abbia già seppellito alcuni ideali, nelle credenza del “tanto tutto è inutile” a cui la nostra società ci ha abituato?” Ebbene la mia risposta è stata: “No, una fiamma dentro di me c’è sempre stata ed ora si è propagata per tutto il corpo rendendomi una miccia pronta ad esplodere ed a contagiare i miei ameni coetanei”.
In breve sono queste le sensazioni che ho provato ritrovando i miei ideali perché Mujica, attraverso i suoi discorsi, mi ha permesso di capire che un rimedio all’alienazione del/dal capitalismo globalizzato esiste e che l’anticonformismo consiste proprio nella coltivazione della felicità, ovvero di tutto ciò attraverso cui veramente possiamo realizzarci. Per questo alla massificazione del consumo si oppone quella della cultura, dell’educazione, unica arma che può spingere l’individuo fuori dall’ignoranza, intesa non come analfabetismo ma come capacità di rendersi conto che in fin dei conti siamo dei singoli all’interno di una specie. In questo caso verrebbe da dire “tutto il mondo è paese”, sotto un’altra ottica, perché ci sono dei problemi comuni che non siamo abituati a fronteggiare, semplicemente per non ritenerli di nostra competenza ma per cui l’aiuto di ognuno è essenziale.
L’Uruguay rifiuta il nucleare e preferisce pagare sonoramente l’energia rinnovabile. L’Uruguay legalizza la marijuana per allontanare il pericolo del narcotraffico ma al contempo non permette una piena assuefazione grazie alle tessere anonime che proteggono identità e salute di ogni cittadino. L’Uruguay legalizza l’aborto e per la prima volta si sente dire da un politico che l’ha fatto non perché fosse d’accordo ma perché lo riteneva necessario. Possiamo pensare che noi italiani, noi europei, che abbiamo lottato contro i fanatismi, che continuiamo a lottare contro i fanatismi, che siamo capaci di scrivere prima degli altri un trattato sui diritti umani per poi contraddirci, siamo così stupidi da non riuscire ad attuare delle mosse così semplici, tanto da risultare rivoluzionarie? No, è ovvio che ci siano degli interessi, che l’occidente capitalista si consideri ancora individualista e che il First Amendment sia in realtà così male interpretato da diventare apoteosi dell’egoismo.
Allora sorge un’altra domanda. Per arrivarci anche noi, per tornare ad essere felici, se lo siamo mai stati, dobbiamo necessariamente vivere in prima persona le torture e le repressioni subite da Mujica in primis? No, bisogna sovvertire il problema. Mujica non deve essere considerato una voce fuori dal coro e la sua fama dimostra che ci sia ancora speranza. Ecco perché l’Uruguay è un microcosmo che si eleva a rappresentazione di un sistema alternativo, possibile, ma per fare questo, Mujica stesso ci invita ad agire anche nel nostro piccolo, alzandoci dalle nostre lamentose poltrone. Pensiamo che il nostro contributo sia inutile ed in Italia soprattutto l’ultima immagine di un politico pulito risale a Pertini. Anche loro, quei politici che avevano a cuore il bene comune, patirono per la maggior parte le sofferenze della guerra e dal dolore sono riusciti ad assegnare valore alle cose davvero importanti. E non a caso, Pertini è citato ripetutamente per una dichiarazione che esprime lo stesso concetto su cui Mujica insiste: “La politica deve essere fatta con le mani pulite!”
Ma cosa voglio dimostrare? Che questo libro, che raccoglie una biografia romanzata della vita del presidente più umile al mondo, i suoi discorsi ed un’intervista che rende a pieno l’effetto di trovarsi davanti un “saggio”, è necessario come cura all’apatia che alberga in tutti, nei giovani come me in primis. E dunque, può capitare, che un giovane si aggiri per una libreria e vedendo il libro pensi “ne ho sentito così parlare, perché non approfondire!”. Cosicché in lui si riaccende la speranza e la voglia di dedicarsi con tutto se stesso a coltivare le passioni della sua vita ma anche, perché no, fuggire dalla logica del consumo per ritrovare contatto con la natura, con i nostri simili. D’altronde, l’uomo è un animale sociale, come ci insegna Pepe e non può vivere da solo.
A cura di Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi
Prefazione di Omero Ciai
Postfazione di Donato Di Santo
Traduzione di Cristina Guarnieri, Silvia Guarnieri e Filippo Puzio
Intervista a Cristina Guarnieri
Nata a Roma il 26 luglio 1979. Si è laureata in Filosofia presso l'Università La Sapienza di Roma (con 110 e lode) e ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filosofia del Linguaggio presso la stessa Università.
Ha vissuto per lunghi periodi in Germania e attualmente risiede a Roma.
Dal 2011 è la Direttrice Editoriale della casa editrice Editori Internazionali Riuniti, attraverso la quale dà impulso a varie pubblicazioni su diverse inchieste legate al tema dei diritti umani: dal funzionamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (cfr. per esempio il libro di M. Antonietta Farina Coscioni, Matti in libertà. L'inganno della legge Basaglia, 2011) alle vittime della mafia, dalla violenza sulle donne alle cause di ingiusta detenzione (cfr. Il cuore in gabbia. I più drammatici errori giudiziari della storia d'Italia, a cura di Gabriele Magno, 2012).
Sul tema dei desaparecidos la sua casa editrice ha pubblicato il libro di Piero Badaloni, Una memoria squilibrata. I desaparecidos e i niños robados: le vittime innocenti del regime franchista (2012).
Dalla primavera del 2013 si dedica alla scrittura di un libro sulle Abuelas de Plaza de Mayo che verrà pubblicato nel 2014.
Inoltre sta realizzando, assieme a Massimo Sgroi, un libro-intervista con il “presidente dei poveri” uruguayano José Mujica.
1) Quando è venuta a conoscenza della figura di José “Pepe” Mujica?
Nel 2013, vedendo il suo discorso alle Nazioni Unite su youtube. Il suo messaggio mi ha immediatamente incantato, suscitando in me la sorpresa di vedere un politico del nostro tempo parlare una lingua semplice e veicolare un contenuto antico come il mondo, e al tempo stesso inusitato per le orecchie degli uomini contemporanei, secondo cui la politica deve avere a cuore la felicità umana!
2) Abbiamo letto dei suoi trascorsi ed incontri con alcuni personaggi come Ernesto Guevara. Lo inserirebbe sullo stesso piano del “Che”?
Come ha scritto il giornalista di Repubblica Omero Ciai nella Prefazione al libro, Mujica «è un Che Guevara del nuovo secolo. Senza Rolex e soprattutto senza Kalashnikov». È questo che lo rende, a mio parere, una figura straordinaria e carismatica.
3) Qual è l’impatto che il modello Mujica sta avendo nel mondo? Secondo lei viene visto come una figura rivoluzionaria su cui fare affidamento oppure semplicemente come voce fuori dal coro?
Mi sembra che Mujica sia diventato un punto di riferimento sia simbolico – nel senso che in lui le persone scorgono un modello di politica positiva cui ispirarsi – sia reale – in quanto viene spesso interpellato come mediatore nella risoluzione di gravi conflitti che affliggono l'umanità (si pensi ad esempio al processo di pace in Colombia).
4) Ritiene che un europeo consumista possa distaccarsi dal sistema in cui vive oppure, una volta dentro, ne risulta definitivamente compromesso?
Io credo fortemente, come insegna Mujica, che ciascuno di noi può diventare responsabile del proprio stile di vita e delle proprie scelte, influenzando così, a cerchi concentrici, tutto il mondo che lo circonda, piccolo o grande che sia. Non si esce dal sistema in cui si vive, ma se ne possono spostare rivoluzionariamente gli argini e dislocarne le pratiche. Questo è un compito che spetta a ciascuno di noi.
5) Il nostro ricordo di una politica genuina e corretta ci riconduce a figure come Pertini, Berlinguer e più in generale ai membri della Costituente. In pratica tutti coloro che avevano patito la guerra e che dalle ceneri hanno fondato la Repubblica. Oggi invece ci siamo convertiti in individui egoisti e diffidenti che poco valore riserbano per la res publica. Forse è una tendenza che ha cominciato a svilupparsi ancor prima di Berlusconi. La domanda è: ritiene che solo passando e vivendo le grandi catastrofi, che siano guerre o dittature, l’uomo possa rendersi veramente conto di cosa abbia veramente valore così come è successo a Mujica?
Purtroppo si presenta spesso questa stoltezza umana, per cui si giunge a comprendere il valore delle cose solo passando per gravi sofferenze ed epoche di dolore. Non penso che sia una logica necessitante. Credo che vi sia sempre un margine di libertà dove i singoli, come i popoli, possono discernere fra quel che ha valore e quel che non lo ha. La televisione e l'era berlusconiana hanno senz'altro plasmato e modificato le menti in una direzione omologante; il benessere economico ha sicuramente affievolito certe urgenze del pensiero critico; ma sono convinta che ogni singolo abbia la capacità e il diritto di interrogarsi sul sistema in cui si trova a vivere e di sovvertirne le logiche. Bisognerebbe mettere in campo pensieri e pratiche più solidali, meno solipsistici, e credere che la sovversione di un singolo possa diventare la sovversione di molti.
6) Mujica spesso insiste su concetti come solidarietà, fratellanza, ma soprattutto “specie”, sottolineando che gli interessi personali, soprattutto i 2 milioni di dollari spesi al minuto per le risorse militari, penalizzano il pianeta. È un concetto commovente ma siamo abituati a vederlo come un’utopia. Lei che ne pensa?
Aderisco pienamente al pensiero di Mujica, il quale ritiene che per cambiare le cose occorre innanzitutto trasformare il modo di pensare. U-topia non è la cifra di un luogo inesistente, ma il non-luogo che può avvenire, il luogo che ancora non c'è ma che noi – cui è stata affidata una debole forza messianica, come scriveva Walter Benjamin in un'epoca ancora più buia della nostra – possiamo anticipare nel presente grazie alla nostra azione come singoli e come comunità.
7) Mujica ha legalizzato la Marijuana, i matrimoni omosessuali e l’aborto. Sembrano tutti obiettivi irraggiungibili da noi, vuoi per l’influenza della mafia o della chiesa. È perché in Uruguay non esistono pressioni di questo tipo? Perché non possiamo distaccarci da loro?
L'Uruguay è un Paese che per tradizione culturale e storia è sempre stato all'avanguardia per quanto riguarda i diritti civili. Le leggi di un Paese, come sempre, riflettono la cultura del popolo che lo abita. Da noi le cose vanno a un altro passo, senz'altro. Occorre dire, però, che Mujica stesso è stato piuttosto rivoluzionario in questi campi. Mi sembra che le sue azioni politiche nascano soprattutto da esigenze molto concrete: la necessità di combattere il narcotraffico, l'elevato numero di aborti illegali, ecc. Si tratta di uno stile politico improntato alla risoluzione di problemi reali, molto pratico.
8) Lei ha fiducia nella nostra politica? Perché nessun esponente del nostro governo era a Roma durante la presentazione del libro? Servirebbe davvero una massificazione della cultura invece che del consumo, come il buon “Pepe” ci insegna.
La cultura è fondamentale. La statura intellettuale dei nostri politici, purtroppo, è tale da suscitare molto malcontento presso la popolazione. Le figure politiche nostrane non sono più in grado di creare un sentimento di autorevolezza e di rispetto nei confronti delle istituzioni. Io ho fiducia nelle persone e nel senso della polis che le abita.
Avevo invitato Matteo Renzi, in qualità di Presidente del Consiglio, ma non ha accolto l'invito. Roberto Saviano e Milena Gabanelli, invece, hanno partecipato alla presentazione con grande entusiasmo. L'ambasciatore dell'Uruguay presso la Santa Sede Daniel Edgardo Ramada Piendibene si è prodigato molto per la buona riuscita dell'incontro. E tanta parte della società civile italiana si è mossa, da tutto il Paese, per venire ad ascoltare le parole di questo singolare testimone del nostro tempo. Questo per me vale più di ogni altra cosa.