Heinrich Mann L’angelo azzurro
BEN, 1995, £ 2000
di Simona
“…Unrat si voltò verso di lui. Intanto la Frölich se la filò: scappò gridando nella stanza vicina e si chiuse dentro sbattendo la porta. Per un attimo Unrat parve come stordito; poi si riprese e cominciò a fare dei gran salti intorno a Lohmann. Lohmann, che per darsi un contegno era indietreggiato fino al tavolo, prese il portafogli e si mise ad accarezzarlo. Pensò confusamente a qualcosa da dire. Che strano essere aveva davanti! Una via di mezzo tra un ragno e un gatto, con gli occhi da matto, col sudore che colava in gocce colorate da sopra gli occhi, e con la schiuma che gli usciva dai denti che battevano. Non era piacevole avercelo intorno con le braccia inarcate, pronte a scattare. E che farfugliava?”
In queste poche righe c’è tutto il professor Unrat, o meglio, il professor Raat detto Unrat (spazzatura, sporcizia), vecchio professore di liceo, dispotico e odioso, strenuo difensore dell’ordine borghese guglielmino nella Germania di inizio novecento. Già si delinea una disprezzabile figura grottesca e ridicola, ma anche amara e capace di generare una sorta di turbamento non ben definibile. Certo gran parte della fama del volume è dovuta al film che ne è stato tratto, con una protagonista diventata mitica come Marlene Dietrich; tuttavia L’angelo azzurro (il nome del locale di infimo ordine in cui si esibisce “l’artista Frölich”) non è teatro solo della passione farsesca del professore per la licenziosa ballerina ma è un’opera condita anche da altri elementi che gli hanno consentito di essere giunto fino ad oggi senza cadere nel dimenticatoio. Infatti, se si trattasse solo della narrazione di una passione volgare o della brillante presa in giro della società guglielmina probabilmente quest’opera non sarebbe sopravissuta al passare del tempo ma, per esempio, il fatto che l’autore privi totalmente il protagonista della propria simpatia è già un’anomalia quando, molto spesso, anche ai personaggi “negativi” viene concessa una qualche “attenuante” (che sia il fascino, la complessità psicologia, l’arguzia e così via). Invece Mann descrive il professor Unrat come un essere assolutamente odioso e meschino, eppure mai veramente malvagio: è la difficile arte della farsa. Il professor Unrat è, a tratti, poco più che una macchietta: è un despota con i propri alunni, è meschino (forte coi deboli e debole coi forti) ed è ossequiosamente ligio alla forma e alle rigide convenzioni della società…ed ecco che proprio qui ne emerge il carattere sorprendente. Il professore non lega con i colleghi insegnanti che in realtà, livido, disprezza; egli perseguita e umilia i suoi alunni, ma è anche vero che viene sistematicamente da loro umiliato e perseguitato e quando scopre che frequentano luoghi di dubbia moralità che fa? Non si rivolge ai canali più istituzionalizzati, ma li segue in prima persona nella speranza di coglierli sul fatto, di “beccarli” come dice lui, animato da livore e odio ma anche da una malcelata ammirazione. Alla fine si troverà egli stesso invischiato in un mondo dal quale non uscirà più, irretito dalle lusinghe fino alla rovina che è, però, quasi consapevole nel nome di una corsa solitaria contro tutto e contro tutti.
Man mano che sfogliamo le pagine del libro vediamo quindi come egli sia in realtà un outsider, un diverso. Non vorremmo esagerare ma potremmo anche definirlo un anarchico: uno che corre da solo, senza amici, compagni o colleghi, contro tutto e contro tutti, disprezzando tutto e tutti, animato da un livore esasperato. Ma alla fine è un vano agitarsi: la società si incaricherà di fare di colui che inizialmente era il tutore dell’ordine la pecora nera, e delle potenziali pecore nere (gli alunni) i giustizieri contro colui che è diventato un elemento di disturbo. In nome di che cosa? Forse proprio nel nome del vizio, nascosto nelle pieghe ipocrite della società borghese. E’ questo l’elemento di modernità capace di oltrepassare il quadro dell’epoca, tale da rendere il personaggio del professor Unrat quasi un archetipo, l’archetipo del patito dei vizi ma anche della vergogna e della morte, uno capace di sguazzare ed annegare nei più bassi istinti del ceto medio. Pur nell’amara ironia che caratterizza L’angelo azzurro il professor Unrat è un personaggio “serio” perché rinvia a qualcosa di antico, oscuro e profondo, ossia all’anima nera degli individui...e non siamo sicuri di non trovare chi possa affermare che il liberare quest’anima nera non sia tanto un oltraggio alla civile convivenza quanto piuttosto un atto estremo di libertà.