Hans Tuzzi Curiosissimi fatti di cronaca criminale
Bollati Boringhieri, 2023, 176 pagine, 16 euro Narrativa Italiana | Giallo
21/06/2023 di Franco Bergoglio
Siamo lontani dal Tuzzi autore della saga con protagonista il commissario/vicequestore Norberto Melis. I delitti efferati sono presenti anche qui e fin dalla prima pagina; quello che manca è un'indagine sistematica che sveli il colpevole. Ci prova un funzionario del ministero degli Interni, Alfonso Fumi: uomo
di viva intelligenza e - come molti italiani - abile ideatore/immaginatore di dietrologie.
D’altro canto la prima frase in esergo appartiene a Goethe e spiega che: «poche persone possiedono l’immaginazione della realtà». Il vero protagonista del racconto non è di carne, ma va individuato nel periodo storico, il gennaio 1960. Un momento che coglie l’Italia agli albori del progresso economico, ma dove iniziano a germinare i
prodromi di quello che succederà dopo: servizi segreti deviati, neofascismo strisciante, stragi di stato, il corpo sociale dominato da una borghesia inetta, volgare, carica di tutti i difetti del Paese. Forse, di quanto succede nella storia raccontata da Tuzzi, possiamo vedere un colpevole collettivo che si chiama Italia.
Negli anni successivi al ‘60 fornirà ben altre prove di malvagità.
Torniamo alle domande iniziali. Giallo o Fiaba? Indizi o sogni? Forse semplicemente strati da riportare in luce, petali da sfogliare. L’altra citazione in esergo appartiene a Jean Baudrillard e rappresenta una dichiarazione di intenti poetici che illumina
ogni riga, dove: «Far apparire l’oggetto è più importante che farlo significare». E il jazz, già visto in altri romanzi di Tuzzi? Lo ascolta una delle vittime, il neurochirurgo Amedeo Tara Cavalli, ma soprattutto piace a Fumi, il quale è protagonista di un dialogo con un cronista dell’Unità, noto con lo pseudonimo di PiKappa.
«Qual è il suo poeta preferito, dottor Fumi? »
«Leopardi».
«Io amo Neruda, ma va bene lo stesso. Leopardi ci sta. E la musica?»
«Il jazz».
«Allora è fatta. Questo» e gli porse un bigliettino, «è il mio telefono. Mi dia il suo».
Fine del dialogo e del capitolo.
Anche il capitolo successivo termina con una pensosa riflessione di Fumi che sembra voler cogliere lo Zeitgeist di quel lontano 1960. «Sì, il mondo diviso a metà, guidato da un nuovo impero stava insensibilmente ma velocemente cambiando. Dopo il jazz, Elvis. Era come, pensò, se per la prima volta si vedessero i colori. Tutti i colori del mondo. Persino a Milano, lassù, al nord, così grigia e così moderna».
Prima il jazz, poi Elvis Presley, e dopo ancora il mondo a colori: come descrizione del ventennio successivo alla Seconda Guerra Mondiale non è niente male.