Gustave Flaubert

Gustave Flaubert La tentazione di sant’Antonio


Carbonio Editore, Collana Origine, titolo originale La tentation de Saint Antoine, Traduzione e introduzione di Bruno Nacci, pp. 176, € 16.50 Letteratura Straniera | Romanzo

01/11/2023 di Laura Bianchi
Nelle note del suo Voyage en Italie, in cui Gustave Flaubert descrive i capolavori d’arte visti, lo scrittore fa risaltare un quadro, enigmatico, grottesco, tanto che egli prova la tentazione di ricordare solo quello e di «cancellare tutto il resto della galleria», la quadreria di Palazzo Balbi, a Genova, visitata nel 1845. Si tratta de Le tentazioni di Sant’Antonio, storicamente attribuita a Pieter Brueghel il Giovane.

Dalla visione dell’opera Flaubert fu ispirato per la composizione di quella che egli stesso definì "l’opera di tutta la mia vita […].Mai ritroverò slanci e abbandoni di stile simili a quelli che mi furono dati allora", La Tentation de Saint Antoine, che scrisse in tre versioni nel 1849, 1856 e 1874 (la sola pubblicata in vita), La Tentazione di sant’Antonio, un dramma diviso in quadri, a cui egli aggiunse note narrative, basato sulla figura dell’eremita Antonio e delle sue visioni, spesso molto più vicine ad allucinazioni.
 
È importante ricostruire, seppure per sommi capi, l'ispirazione iconografica dell'opera, poiché, nella sua prima redazione, il ventiquattrenne futuro autore di Madame Bovary non solo riversò  gran parte del mondo di cui si nutriva, fra donne fatali, dèmoni seduttivi, trasgressioni, ma anche anticipò molto dell'immaginario della fine del secolo, evidenziando soprattutto il nesso decadente fra sacro e diabolico, fra profano e spirituale, che tanta parte avrebbero avuto in figure come Huysmans prima, e nel suo imitatore D'Annunzio poi.
 
Sbagliato è quindi considerare questa un'opera giovanile, rubricandola come divertissement stravagante, palestra per i capolavori successivi; ne è la prova proprio il fatto che Flaubert vi pose mano più volte, facendosi accompagnare, per così dire, durante quasi trent'anni, e, forse, riversando in essa molte delle proprie tentazioni e dei turbamenti. Non è un caso, infatti, che decenni dopo fu Freud a scriverne, collegando quest'opera alla teorizzazione intellettuale sul tema della religione.
 
La sempre ottima Carbonio ha affidato allo scrittore, traduttore e saggista Bruno Nacci una versione agile e moderna del testo francese, da cui traspare in modo chiaro lo stile brillante dell'autore, capace di fare emergere con nitidezza le azioni e i pensieri di Antonio, assediato da tentazioni soprattutto intellettuali, e insieme di farci immaginare movimenti scenici, grazie a didascalie precise, incisive, che svelano il grande romanziere.
 
Un'utilissima appendice ci aiuta a comprendere la ricchissima mitologia e l'apparato storico geografico che Flaubert inserisce nel testo, fra personaggi storici come Tertulliano - che esclama un definitivo e disturbante "Dopo Gesù la scienza è inutile!" (p. 71) - e antiche divinità egizie come Neith, fra luoghi esotici che solleticano la fantasia ottocentesca, come Baia o Byblo, e altri classici, come lo Stige. In questo modo, il lettore coglie la profondità di un'opera dinamica, che si muove nello spazio e nei tempi con la forza del simbolo.
 
Il Diavolo si presenta sotto varie forme, e cerca - del resto, tentare ha la stessa etimologia di tentazione - di provocare la scientia mundi di Antonio, offrendogliela e facendogliela balenare, unica opportunità per sfuggire alle apparenze. Il fascino che essa suscita in Antonio può essere lo stesso che tormenta anche l'uomo moderno, e postmoderno, e Flaubert fa dire al Diavolo una battuta che potremmo attribuire alla nostra epoca: "La Forma è forse un errore dei tuoi sensi, la Sostanza una fantasia del tuo pensiero" (p.146). Forma e Sostanza possono coincidere solo in uno slancio trascendente, che, se l'Abate egiziano possedeva, l'epoca del suo autore - e la nostra - hanno perso. A meno che non ci si abbandoni, anche noi, alla ierofania, alla rivelazione di un Oltre, che rifondi una sorta di monachesimo ascetico, anche laico, che rifiuti la tentazione delle facili soddisfazioni materiali, per cercare, come direbbe Battiato, "un'altra vita".
 
Opera da leggere, per conoscere meglio non solo la figura di Flaubert, o di Antonio, ma soprattutto le ragioni del nostro cercare, e, forse, trovarne almeno il senso complessivo nel gesto con cui il Santo si libera dalle tentazioni, così ben rappresentato in basso a destra del quadro: leggere.
 
«Le tentazioni di sant'Antonio», opera attribuita a Pieter Brueghel il Giovane. La Galleria Nazionale di Palazzo Spinola a Genova aveva tentato inutilmente di acquistarla nel 2002. Un collezionista privato l'ha ora concessa in comodato per un anno al museo genovese


 

Gustave Flaubert (1821-1880) è tra i massimi scrittori dell’Ottocento europeo. Maestro assoluto nel controllo della forma, è al tempo stesso capace di costruire perfette macchine narrative, riprendendo più volte, in un arco di tempo anche considerevolmente lungo, le prime stesure, correggendole, integrandole o riscrivendole.
In questo senso le date di pubblicazione delle sue relativamente poche opere letterarie sono ingannevoli: Madame Bovary (1857), Salammbô (1862), L’educazione sentimentale (1869), La tentazione di sant’Antonio (1874), Tre racconti (1877), Bouvard e Pécuchet (postumo, 1881).
Ha lasciato un cospicuo epistolario di enorme valore, non solo documentario.
 
 

Bruno Nacci ha curato classici della letteratura francese, da Chamfort a Nerval, e in particolare si è occupato di Blaise Pascal, su cui ha scritto il saggio La quarta vigilia. Gli ultimi anni di Blaise Pascal (2014). Di Flaubert ha già tradotto Bouvard e Pécuchet.
Ha pubblicato il noir L’assassinio della Signora di Praslin (2000); con Laura Bosio ha scritto i romanzi storici Per seguire la mia stella (2017), La casa degli uccelli (2020) e il saggio Da un’altra Italia (2014), oltre alle raccolte di racconti La vita a pezzi (2018), Dopo l’innocenza (2019), Destini (2020), Congedo delle stagioni (2022) e il racconto lungo La fine del viaggio (2023).
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