Giancarlo Governi

Giancarlo Governi Bruno Giordano. Una vita sulle montagne russe


Fazi editore, 2017 Biografie | sport calcio

25/10/2017 di Corrado Ori Tanzi
Chi ebbe la fortuna di vederlo giocare ammirò un attaccante atipico per il tempo. Potente ed elegante, forte fisicamente ed esteta, cecchino e uomo assist. Se non si era laziali (e poi napoletani, per restare ai suoi belli anni) meglio affidarsi al proprio santo personale per vedere esaudita la preghiera di non trovarselo contro quando la squadra del cuore doveva incontrarlo.

Bruno Giordano è stato il vero precursore del centravanti moderno. L’unico che fece dire all’immenso Johan Cruijff di aver trovato per i campi uno su cui si rispecchiava parecchio, colui che Diego Armando Maradona volle fortissimamente volle per vincere lo storico scudetto a Napoli.

Il suo romanzo tuttavia non si costruì soltanto con gran colpi, vittorie (comunque meno di quelle che la sua classe avrebbe meritato) e di ammirazione dagli spalti. La sua parabola, sia in campo sia fuori, è stata un autentico giro di giostra up and down. Fragorose le cadute e sempre più ardite le risalite.

Giancarlo Governi, narratore, autore Rai, giornalista e laziale di vecchia data, esce ora per Fazi con Bruno Giordano. Una vita sulle montagne russe. Un titolo perfetto che cuce con sintesi la carriera di questo grande calciatore. Pagine degne di un artista, raccontate in prima persona, come se l’immedesimazione non fosse soltanto un’azzeccata scelta stilistica, ma proprio un mezzo per dare un profilo più profondo alla propria empatia col personaggio.

Scrive Governi ma parla Giordano. Un’unica voce del racconto per far tornare alla luce i tempi (primi anni Settanta) di una giovinezza pane e pallone, il provino con la Lazio, l’entrata in prima squadra (e mica un team qualunque tutto pace, amore e fantasia, no, a lui toccò quella polveriera che nel 1974 aveva vinto lo scudetto sotto la regia di Tommaso Maistrelli), la morte violenta del compagno di maglia Re Cecconi, i primi gol, l’arresto nel 1980 nel celeberrimo calcio-scommesse con tanto di soggiorno a Regina Coeli, la squalifica di tre anni e mezzo poi condonata a due per la vittoria degli azzurri al Mundial spagnolo del 1982, la riabilitazione a opera della giustizia ordinaria quando il danno alla sua carriera non poté più essere riparato, un collega-killer incontrato nel campo di Ascoli che gli regalò un maledetto crack alla gamba, la nuova vita a Napoli a fianco del Pibe de Oro. E le, decisamente difficili, pagine finali sulla sua vita privata, anch’esse non proprio delicate e armoniche tanto da ospitare (anche se a latere e per interposta persona) pure il soffio nero della famosa e terribile banda della Magliana.

Un racconto che si arricchisce via via di una compagna d’avventura che è stata una sorta di seconda madre per Giordano. Roma appare con la forza della sua storia. Che prevede anche la presenza di un filosofo che il papato silenziò col fuoco. Quel Giordano Bruno con cui Bruno Giordano, volente o nolente, sin da piccolo si trovò in qualche modo a dialogare.

Una bellissima lettura. Per chi ama il calcio e ha spalle che iniziano a inclinarsi sono pagine che si bevono d’un fiato. Per il “cosa” viene raccontato e per come quel “cosa” viene vestito narrativamente. Un poeta che se ne andò lo scorso anno, Valentino Zeichen, definì Bruno Giordano gladiatore in una poesia che gli dedicò sin dal titolo. L’Olimpo ha sentieri tutti suoi per farsi visitare. Quel calcio non c’è più. Ma c’è stato. Oh se c’è stato! E i nostri eroi son sempre giovani e belli.

 

Giancarlo Governi, Bruno Giordano. Una vita sulle montagne russe, Fazi editore, pagg. 224, euro 15

 

Corrado Ori Tanzi

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