Georges Simenon

Georges Simenon Il fondo della bottiglia


Adelphi, 2018 Narrativa Straniera | Giallo

12/03/2018 di Corrado Ori Tanzi
P.M. è un rispettabile avvocato a Nogales, uno sputo di chilometri dal Messico. La sua tranquilla esistenza viene sconvolta un giorno dall’arrivo del fratello minore Donald, evaso dal carcere in cui sconta una condanna a dieci anni per tentato omicidio di un poliziotto. Il fratellino non ha intenzioni malvage, deve solo oltrepassare la frontiera e raggiungere la sua famiglia che lo aspetta. Le condizioni atmosferiche al momento non lo consentono perché una fortissima pioggia insistente ha riempito il canale che è l’unico vero pertugio per oltrepassare lo Stato. Basta aspettare qualche giorno. Ma basta anche meno per scatenare una sorta di caccia all’uomo, la cui diversità ha rotto l’equilibrio della ripetizione seriale dei giorni. In una famiglia e in un paese.

Georges Simenon scrisse Il fondo della bottiglia nel 1948, durante il suo soggiorno americano (più precisamente a Tumacacori, Arizona) in un momento di profondo turbamento familiare. Suo fratello Christian era stato da poco ucciso nel Tonchino in Vietnam con la divisa della Legione Straniera. Era stato proprio lo scrittore a consigliare al fratello minore l’arruolamento nella Legione (con cognome modificato) per sfuggire a una condanna a morte in contumacia per aver coadiuvato le SS durante la Seconda guerra mondiale in un’operazione che aveva lasciato sul terreno quasi trenta vittime.

Un doppio consiglio dentro cui alcuni videro anche la via più sbrigativa per disfarsi della presenza imbarazzante di un parente che avrebbe potuto nuocere alla sua notorietà. Sta di fatto che di quella morte, Georges fu accusato dalla madre («me lo hai ucciso tu!») e per combattere ombre, demoni e affanni, scrisse due tra le storie più drammatiche dell’intera sua produzione letteraria: La neve era sporca e questa. Con un accorgimento del tutto irrituale per lui: l’avvertenza a inizio romanzo che personaggi ed eventi raccontati erano puramente frutto della sua fantasia. Dal romanzo fu tratto un film nel 1956 con regia di Henry Hathaway e partecipazione alla sceneggiatura dello stesso Simenon.

Il fondo della bottiglia parla la stessa lingua de La casa dei Krull (scritto dallo stesso Simenon quasi dieci anni prima) e dei film di Terrence Malick (La rabbia giovane in primis). Il sospetto o la curiosità che genera mostri, l’uomo che via via si riduce a topo, il redde rationem che lo coglie nel momento di sua massima debolezza. La vita come impietosa passeggiata sulle rovine.

Georges Simenon, Il fondo della bottiglia, Adelphi, 176 pagg., 18 euro

Corrado Ori Tanzi https://8thofmay.wordpress.com


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