Georges Simenon I clienti di Avrenos
Adelphi, 2014 pagg. 157 Narrativa Straniera | Noir
06/07/2014 di Corrado Ori Tanzi
Jonsac è fottuto. Si è abbandonato al capriccio di innamorarsi di Nouchi, l’ha convinta ad andare ad abitare da lui e ora, che dalla porta principale della sua vita è entrata Lelia, vorrebbe cominciare tutto daccapo. Alla malora Istanbul e la sua occupazione all’ambasciata. Con tutta la fatica che ha fatto di finire le giornate con Nouchi, entraîneuse, perversa, sfacciatamente indipendente…
Si è fatto passare pure per avventuriero, l’ha salvata da un’accusa di clandestinità, è riuscito a mandar giù le attenzioni quotidiane dei suoi stessi amici per la donna, quel gruppo di artisti, sfaccendati, uomini d’affari, nobili decaduti che si ritrova ogni giorno al ristorante di Avrenos e la notte giù a bere raki e fumare hashish. Può dire che Nouchi è sua, ma questa è proprio l’ultima cosa che vorrebbe poter affermare ora.
Jonsac è fottuto perché è il Re dell’indecisione. Un uomo vero. E non basta la stessa Nouchi a spingerlo verso Lelia, il cui tentativo di suicidio è per la “Regina della notte” un chiaro segno delle attenzioni verso il proprio cagnolino pentito. Niente, la situazione non si sblocca, mentre là fuori Istanbul continua a rapire uomini e donne col suo caffè aromatizzato, le sigarette d’ordinanza e un’atmosfera rarefatta che si appiccica addosso come un secondo vestito.
Pubblicato nel 1935, I Clienti di Avrenos è il roman-roman di Georges Simenon che Emmanuel Carrère prende come esempio quando deve citare un capolavoro della letteratura (ne curò pure una riduzione televisiva). Naturale condividerne l’afflato. Simenon, dentro una cucitura proto-romantica, dipana una storia nerissima, col bandolo saldamente in mano a un personaggio sconcertante, quella Nouchi, giovanissima e scaltra, che si erge pressoché a unicum nella carriera letteraria dell’autore. Raro trovare nelle sue pagine un personaggio che come un mangiafuoco si eleva sugli altri e ancor più raro che abbia un profilo femminile.
Sangue viennese, un’immensa sete di stare lontana dalle ristrettezze economiche della sua gioventù, Nouchi è la dark side of the moon del suo “salvatore”. Rischia il più possibile, crea trame pericolose, gioca con l’animo di chi le gravita accanto e stuzzica i sensi dei maschi quanto basta per tendere le reti senza mai caderne dentro. Si confonde con l’incantesimo della capitale turca, ma lascia a Jonsac l’idea che a Istanbul “bisogna accettare la vita come viene”.
Qualcuno si farà male. Facile prevederlo. Molto male. Nei libri del Maestro spesso è il lettore.
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