F.s. Fitzgerald

F.s. Fitzgerald Belli e dannati


BEN, € 5,00 , 2006 Narrativa Straniera | Classici

di Simona
“Faceva un freddo cane. Tutto l’odio maligno che alberga nel cuore pazzo di febbraio si era infiltrato nel gelido vento che, desolato, imperversava crudelmente per Central Park e lungo la Quinta Avenue. Era quasi impossibile parlare, e la tribolazione gli toglieva talmente i sentimenti che, a un certo punto, svoltando per la strada, si accorse che Gloria non era più al suo fianco…”
E’ possibile degradarsi e rimanere innocenti? Forse sì, perché nel consueto stile essenziale e impeccabile, Fitzgerald ci racconta della New York dell’upper class a ridosso degli anni venti. E’ allora che, mentre nella vecchia Europa si va scatenando la prima Guerra Mondiale con la sua carneficina di vite umane, nell’innocente America, vergine di guerre e di sangue, i ricchi giovani perdigiorno oziano smarrendosi in discorsi sull’insensatezza della vita. Ma tra discorsi e party il tempo, nemico della bellezza e della gioventù, scorre inevitabile, e l’America entra in guerra, ponendo fine al culto della gioventù e della spensieratezza irresponsabile. Quindi, è possibile abbruttirsi e rimanere innocenti? Forse sì, perché Fitzgerald ci racconta di Anthony, sensibile e disincantato, arguto, cinico, eppure apatico e disilluso come l’intera sua generazione. Diseredato dal nonno bigotto e puritano, contrario al suo stile di vita, il giovane, ostinatamente, impiegherà l’esistenza nel cieco tentativo di riconquistare l’eredità perduta. Non è avidità, la sua, quanto la totale incapacità di affrontare una vita diversa. Anthony continua a non lavorare, passando da feste a sbronze sempre più eccentriche, sempre meno divertenti. Sempre più necessarie. Così come necessaria gli è Gloria, spavalda bellezza del Kansas spensieratamente impegnata a farsi ammirare e corteggiare ovunque metta piede.
“Non era mai stata benvoluta dalle compagne di scuola: troppo bella era, lei, troppo pigra, non sufficientemente conscia di essere una Futura Moglie e Madre, a lettere perpetuamente maiuscole. …le compagne erano convinte che avrebbe fatto una brutta fine, inconsapevoli che nessuna fine può dirsi brutta e che neppure loro, al pari di lei, erano padrone del proprio destino.”
D’altronde è, questa, anche la storia di un amore, semplice e insondabile come tutte le storie d’amore.
“Fra le cose che avevano in comune, la più grande era l’arcano, e quasi inquietante, ascendente del cuore dell’uno sul cuore dell’altra.”
Ed è soprattutto l’età del jazz, l‘età di Fitzgerald. L’età delle follie e della ricerca di un senso che non c’è. Così, mentre giovani americani cominciano a morire in Europa segnando il mutamento di un’epoca, anche la storia di Anthony e Gloria declina verso una parabola discendente. Sono giovani, belli, moderni, potenzialmente ricchissimi, eppure tutto questo non li salva, e la narrazione del loro fallimento particolare diventa la narrazione di tutti i fallimenti.
“Oh, che importava? Questa notte, questo fuoco, la cessazione dell’ansietà e la sensazione di vivere, se pur non aveva uno scopo, era, comunque, essenzialmente romantico! I fumi del vino conferivano una sorta di eroismo al loro fallimento.”
Ed allora: è possibile degradarsi e rimanere innocenti? Forse sì, perché Anthony e Gloria conoscono la dissolutezza della meschinità, dei litigi e dell’alcool, ma solo perché non sarebbero in grado di scendere a compromessi con un ideale di vita che li pone al di sopra della mediocrità. I loro amici diventano membri rispettabili della società, solo loro rimangono imprigionati nella rete delle feste e dell’alcool. Perché sono più scellerati? O perché sono i soli innocenti? Alla fine, dice F., se una colpa hanno avuto non è stata quella di aver dubitato, ma quella di aver creduto. Dunque è così, un senso non c’è, perché la vita proibisce di confidare per sempre nella gioventù e nella bellezza, ma Anthony e Gloria non sono disposti ad accettare la maturità. E, con essa, la fine della gioventù, la fine dell’innocenza.
“Alle sicurezze della gioventù tiene dietro un periodo di intollerabile complessità …verso i trent’anni, la faccenda si è fatta troppo complicata …ormai è chiaro che non si impara nulla dal passato per affrontare il futuro - quindi si smette d’essere impulsivi …agli ideali di onestà si sostituiscono norme di comportamento; si dà alla sicurezza un valore più alto che non all’amore romantico; si diventa insomma, sia pure inconsciamente, pragmatici. Tocca a pochissimi seguitare a darsi pensiero di certe sfumature nei rapporti umani…”


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