Frederic Manning Fino all’ultimo uomo
PIEMME - Euro: 19,90
di Francesco Ongaro
In Manning, l’orrore della guerra non si rapprende come in Remarque o in Lussu attorno ad alcuni episodi disumanizzanti, oppure nell’apparente afasia di certe lapidarie poesie di Ungaretti – Si sta/ come d’autunno/ sugli alberi/ le foglie -, ma diluisce in una quotidianità che è sfibrante attesa dell’attacco, speranza di ritornare, rassegnata ed acritica obbedienza. Non stupisce che il libro sia piaciuto ad Hemingway, certi suoi romanzi/reportage della guerra di Spagna hanno lo stesso tono, lo stesso andamento lento che scende pacatamente in profondità. Non ci sono strappi, ma un pigro digradare/degradare verso un fondo nero come il catrame. Un fondo che può spaventare per la sua brutalità e affascinare per la sua cruda e primitiva bellezza. Un coacervo di forze irrazionali, le stesse che il colonnello Kurtz aveva denudato in Cuore di tenebra.
Manning ha nel sangue l’esperienza della guerra e ha sperimentato le forze primordiali che vi si scatenano. Le sa riconoscere, distinguere, a tratti anche manipolare. È capace di ammansirle, di anestetizzarle. In questa maniera ci conduce tra le pieghe del conflitto apparentemente allontanandocene, celandolo dietro un fondale fino alla battaglia finale. E ciò che resterà al termine sarà solo un senso inappagato di luce. Bianca, abbagliante, di un candore infernale. Luce muta, fissa su un volto che indossa una ghignante maschera di morte.