Francesca Ferrari

Francesca Ferrari When I`m Gone - Phil Ochs e l`utopia della Speranza


Pacini Editore Fan Club 2014 Biografie | Musica

19/09/2014 di Luciano Re
Un plauso alla Pacini Editore che aggiunge al proprio catalogo – dopo la bellissima (e unica al mondo) Love And Emotion, biografia di Willy DeVille scritta da una firma storica del giornalismo musicale italiano quale Mauro Zambellini – un nuovo volume di grande interesse, dedicato ad un altro protagonista della musica popolare americana dal destino altrettanto tragico e allo stesso modo dimenticato da molti, Phil Ochs.

When I’m Gone. Phil Ochs e l’utopia della speranza: questo il titolo del libro che nasce originariamente come tesi di laurea di Francesca Ferrari e certamente sorprende il fatto che la figura di Phil Ochs possa aver suscitato l’interesse di una giovane autrice che, per evidenti questioni anagrafiche, non ha vissuto in prima persona l’epoca – musicale e non – di cui il cantautore texano (più o meno per caso, dato il continuo girovagare del padre - con famiglia al seguito - negli anni della sua infanzia ed adolescenza) fu protagonista.

Il libro ripercorre quindi la vita e l’opera di Phil Ochs, attraverso un lavoro di ricerca degno appunto di una tesi universitaria, testimoniato dalla dettagliata discografia e dal ricco repertorio bibliografico posti in calce al libro, ma senza per questo scadere nella pesantezza e nell’autoreferenzialità che spesso caratterizzano i testi accademici.

Certamente utile, in questo senso, il ricorso ad ampi stralci dei testi delle sue canzoni (con relativa traduzione) grazie ai quali emerge la poetica e la personalità di Phil Ochs, spesso considerato solo un autore “politico” - attitudine certamente prevalente nei primi anni della sua carriera musicale - ma capace anche, in tempi successivi, di dedicarsi a temi più personali ed intimisti, come dimostrato da brani come Changes o The Pleasures of the Harbour.

Una ricerca condotta non solo sulle fonti scritte – ovvero, in primo luogo, le due biografie pubblicate da Marc Eliot e da Micheal Schumacher (un omonimo, evidentemente) - ma anche di testimonianze in presa diretta di persone che conobbero e frequentarono Ochs nel corso della sua breve ed intensa vita, prima fra tutte la sorella maggiore Sonny – instancabile vestale della memoria del fratello - che firma una bella introduzione al volume.

La narrazione delle vicende personali di Ochs si intreccia nelle pagine del libro con gli eventi storici e politici dell’America degli anni Sessanta, con un approccio di fatto quasi obbligatorio alla luce dell’attitudine “giornalistica” con cui – quantomeno nei primi anni della sua carriera – Phil Ochs esercitava il suo ruolo di songwriter convinto della possibilità che le canzoni potessero essere strumento per sollecitare la coscienza politica e sociale di tutti coloro che le ascoltano.

Un approccio che condusse Ochs ad una progressiva disillusione, culminata in maniera drammatica in occasione della Convention del Partito Democratico a Chicago per le elezioni presidenziali del 1968 che si risolse in una durissima repressione da parte delle forze dell’ordine nei confronti delle migliaia di giovani arrivati in città.

Un episodio che segnò profondamente Phil Ochs al punto da spingerlo ad usare come immagine di copertina dell’album Rehearsals for Retirment pubblicato poco dopo i fatti una sua immaginaria lapide che indicava “Chicago, Illinois, 1968” come data di morte.

Da lì inizia il calvario di Phil Ochs, segnato da crisi depressive, abuso di alcool, tentativi talvolta assai maldestri (le drammatiche esibizioni in un completo di lamé dorato, alla stregua del peggior Elvis sulla via del declino a Las Vegas) di rimettere in sesto la sua carriera puntualmente destinati a tragici fallimenti, sino al suicidio nell’aprile del 1976.

Trovano spazio nel libro molti volti noti e meno noti della scena folk di quegli anni: il suo compagno di avventure Jim Glover, Dave Van Ronk, Tom Paxton, i suoi protetti Eric Andersen e Sammy Walker, sino ad arrivare, inevitabilmente, a Bob Dylan, al quale Ochs fu legato da un rapporto in cui convivano amicizia e rivalità professionale e al grande padre nobile del folk americano Pete Seeger che commento così l’esibizione di Ochs al Newport Folk Festival del 1963:”Spero di aver avuto nella mia carriera per lo meno un decimo del tuo talento come songwriter!”.

Da segnalare, infine, la prefazione al volume firmata da Mimmo Franzinelli, storico con la passione per la musica popolare, che già negli anni Novanta dedicò, primo in Italia, un volume alla figura di Phil Ochs, nella allora popolarissima collana “Millelire” edita da Stampa Alternativa.

Una lettura quindi davvero interessante, per riscoprire una figura purtroppo troppo presto dimenticata e, forse, mai apprezzata veramente nel nostro Paese.

PS: colonna sonora ideale sarebbe certo lo splendido box Farewells & Fantasies pubblicato sul finire degli anni Novanta dalla Rhino Records, ma purtroppo di difficile (e assai esosa) reperibilità, ma non mancano antologie - consiglierei, tra queste, There But For Fortune -più facilmente accessibili, così come reperibile risulta anche una buona parte degli album originali.