
Fiona Barton La vedova
Einaudi Stile Libero, 2016 Narrativa Straniera | Noir
10/09/2016 di Corrado Ori Tanzi
Ma Jean vive un doppio stato d’ansia. Quel marito devoto, con il possesso a volte scambiato per devozione, è anche fonte di segreti che tali non sono più. Il computer e le chat di profilo sessuale, la frequentazione pedopornografica scoperta dalla polizia, un licenziamento sospetto e un nuovo lavoro foriero di ulteriori dubbi sulla sua condotta. E soprattutto un paio di contatti ravvicinati che, no, una persona veramente limpida non dovrebbe avere nel proprio curriculum.
Per anni giornalista di cronaca per testate quali Daily Mail e Telegraph, Fiona Barton viene a noi con il thriller La vedova. Un libro che, secondo la più frequente moda editoriale, si compone di una narrazione suddivisa dalla moltiplicazione di punti vista espressi come se si trattasse di una confessione o di un memoriale diaristico. Intervengono la vedova, la madre, l’ispettore, la giornalista a comporre un quadro d’attualità con il lettore trasformato in spettatore.
Evidente il punto di riferimento. L’eccellente La ragazza del treno di Paula Hawkins di cui la fascetta che Einaudi ha posto a corredo della copia italiana del romanzo ricorda nelle parole di Stephen King. Paragone che vede lo scritto di Fiona Barton soccombere. Nella comparazione, troppo più sottile il libro della Hawkins.
Espresso questo, corre l’obbligo di affermare però che La vedova è tutto fuorché un brutto romanzo. C’è tensione, cura del peso delle affermazioni/confessioni di chi compone lo scritto, bilanciamento degli avvenimenti, credibilità nei dialoghi, attenzione nella costruzione psicologica della vedova (di certo l’aspetto più nero dell’intero libro). Insomma, un romanzo che si beve come si deve bere un romanzo sì costruito. Arriva semplicemente dopo.
Fiona Barton, La vedova, Einaudi, 384 pagg., 18.50 euro
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