Fedor Dostoevskij

Fedor Dostoevskij Il giocatore


Biblioteca Economica Newton, 1995, £ 2000

di Simona
Dostoevskij è stato un uomo decisamente irrequieto che tra i suoi vizi annoverava, non da ultimo, anche quello del gioco d'azzardo pur non essendo, Il Giocatore, un romanzo autobiografico. Diciamo innanzitutto che Il Giocatore non è un libro facile: in effetti superare le prime dieci pagine già meriterebbe un premio. Anche perché, seppure il linguaggio sia abbastanza chiaro, i diversi nomi russi dei personaggi rimangono un ostacolo che richiede una dose di attenzione non indifferente onde evitare di arrviare alla conclusione non avendo ancora capito CHI si chiamava COME e COSA ha fatto. Detto questo, arrivando alla fine di un libro così (sempre se, in preda ad un attacco isterico di fronte all'ennesimo nome incomprensibile, non vi sarete abbandonati alla tentazione di bruciare il libro strappandolo pagina per pagina) si capisce la differenza fra uno scrittore qualunque e uno come Dostoevskij. Semplicemente perché quello che si ripete nel Giocatore è la vicenda di tutti i drammi: tutto immancabilmente declina verso il disastro e nessuno può farci niente. Immancabilmente la storia è quanto di più irritante possa esserci perché, in ottemperanza alla stranota legge di Murphy, se qualcosa può andare male, state certi che lo farà; e i personaggi non sono da meno: tutti talmente inetti che vorreste assumessero forma umana solo per tirargli una sberla. L'unico personaggio che non invita all'omicidio, seppure controverso, è il protagonista, Aleksej Ivanovic: ma anche lui, ovviamente, non fa altro che decidere di fare volontariamente in ogni momento la scelta sbagliata al momento giusto. Ivanovic potrebbe salvarsi perché lui capisce, distingue ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, eppure ogni volta si getta consapevolmente lungo la strada sbagliata infatti, in nome di una passione quasi folle asseconda le richieste dell'amata accettando di fare cose totalmente assurde che lo mettono nei guai e, proprio quando la ragazza è disposta ad amarlo sinceramente, lui decide di lasciarla e andare a giocare alla roulette compiendo il primo passo del suo cammino di autodistruzione. Ed ogni volta noi vediamo qual è l'enormità dello sbaglio che sta per fare, e anche lui lo vede eppure immancabilmente lo fa. E alla fine, nonostante la frustrazione, noi capiamo che non poteva che andare così, che solo in quel modo si trova un senso ed il protagonista ci fa anche un pò di tenerezza e, in questo delirio, proviamo anche un insano desiderio di entrare in un casinò per puntare, una volta sola, sul "grandioso" 47 rosso.

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