Fabrizio Barabesi Maurizio Pratelli 667. Ne so una più del diavolo
Arcana Editrice, Collana Musiqa Musica | 2015
09/11/2015 di Laura Bianchi
Abbiamo sempre pensato che il rock c'entrasse con il peccato, ma, leggendo i 98, brevi, ma intensi capitoli che compongono il libro, scopriamo che ancora più intenso è il rapporto che esso ha intrattenuto e intrattiene con la redenzione, come Paolo Vites afferma nella fulminante prefazione. Ricerca di perdono? Desiderio di autonomia? Liberazione dal senso di colpa? Questi, e altri sentimenti animano i testi di brani di autori conosciutissimi, come Cohen o Dylan, o meno noti, come Dan Bern o Ben Folds; tutti però hanno in comune una costante: il presupposto di una presenza altra da noi, con cui dialogare, a volte litigare, a cui chiedere ragione dell'esistenza e per cui comporre una canzone.
Barabesi e Pratelli, lungi dal voler fare esegesi dei testi in chiave spiritualistica, coinvolgono il lettore in un percorso affascinante nei meandri della creatività di artisti sorprendenti e geniali, estrapolando le frasi (o sarebbe meglio dire i versi) dei loro pezzi, senza manipolarne il senso, ma, anzi, esaltandone il complesso e problematico rapporto col significato che esprimono. Ma non basta: ogni scheda è corredata anche da altri consigli per l'ascolto, che, come in un domino intrigante, rimandano a brani simili di autori diversi, in modo che il lettore, alla fine del libro, torni ad essere un ascoltatore sempre più attento e consapevole.
Stile giornalistico e accattivante, grafica curata, foto e bibliografia essenziale corredano il volume, oltre a una postfazione di Fausto Leali, medico del cuore per sua stessa definizione, che sottolinea proprio lo stretto legame fra rock e realtà, di qualunque tipo si tratti, che sia quella materiale, oppure quella che dà vita alla parte imtima di noi. Leggere, e ascoltare, il rock, dunque, non significa solo battere il tempo ed evadere dal quotidiano, ma intraprendere un viaggio coraggioso alla ricerca di noi stessi.