Davide Sapienza

Davide Sapienza La valle di ognidove


CDA Vivalda Editore - € 14 Narrativa

di Francesco Ongaro
In questo suo nuovo lavoro Davide Sapienza riprende e sviluppa i temi ai quali si era accostato ne “I diari di Rubha Hunish”. In quell’occasione, di fronte all’originale declinazione dei contenuti, parlammo più che di “libro di viaggi” di “libro che viaggia”. Nelle nuove pagine Davide riprende la stessa materia, a volte eterea, altre pesante come un macigno, e la traduce su piani differenti, disincagliandola da ogni riferimento spazio-temporale e conservando solo l’andare di chi nel viaggio non sa cogliere solo una metafora della vita ma la palpitante vita stessa. Tutto si conduce su un confine impreciso, quasi a professare una non appartenenza a nessuno schema, né del libro né dell’autore. Si viaggia con la mente e con il corpo in non-luoghi, stando fermi o camminando, attraversando generi letterari differenti, muovendo gli occhi e il cervello negli angoli dimenticati di un mondo che, forse, si trova fuori dall’uscio di casa. C’è una lentezza che fascina nelle righe di Davide, la lentezza di chi sa prendersi cura delle cose che gli stanno attorno, perché “il trasferirsi lento conduce all’osservazione ed essere fermi conduce al luogo dove si radunano gli eventi che accadono senza azioni, improvvisi”. Aggalla in queste parole lo sguardo dello scienziato, del poeta e del filosofo. Lo sguardo di chi sa vedere il mondo tirandosene fuori e facendosene sommergere al contempo. “L’unica sicurezza è che nella vita c’è la morte e nella morte c’è la vita. E in mezzo, la passione”.
Senza essere né romanzo né saggio, quasi Davide stesse cercando una propria via a metà tra Jack London e Barry Lopez (due suoi punti di riferimento intoccabili) la narrazione si sviluppa nella nebbia che separa sette nunatak - vocabolo inuit che indica una roccia sporgente mai ricoperta dai ghiacci, una specie di isola spersa nel bianco - emergendo in frammenti che si saldano tra loro seguendo percorsi invisibili, accomunati da una consapevolezza del mondo che coinvolge il lettore, lo rende parte di un “tutto” di cui non ha cognizione perché la civiltà ha sradicato l’uomo dalla sua condizione animale e l’ha reso estraneo a quella wilderness tanto cara agli autori anglosassoni. È vero, “l’acqua cade anche quando dormo, l’acqua cade anche quando penso”, ma è bello che qualcuno di tanto in tanto se ne accorga.


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recensione di Francesco Ongaro