Dario Grande

Dario Grande Dall`Indie all`It-pop. Evoluzione estetica e linguaggi


Vololibero edizioni, prefazione di Giordano Sangiorgi, pp 142, € 15 Musica | Saggi

18/04/2021 di Arianna Marsico
La prefazione di Dall'Indie all'It-pop. Evoluzione estetica e linguaggi , il nuovo saggio edito da Vololibero, è curata da Giordano Sangiorgi, ideatore e organizzatore del MEI, che proprio nelle righe iniziali perimetra adeguatamente la definizione di Indie (premesso che nella musica le etichette sono più che altro un riferimento per orientarsi e non devono affatto costituire paletti rigidi), con buona pace del calderone che a volte si crea: “ L’ Indie oggi è una squadra di professionisti che si mette in proprio perché crede in un progetto musicale e decide autonomamente  –  senza alcun accordo privilegiato con grandi case discografiche multinazionali del fisico, del digitale e del live  – quale percorso far realizzare a un determinato progetto musicale: questa è oggi la musica indipendente”.

Viene subito chiarito quindi che non si parla di un genere musicale in senso stretto, quanto per certi versi di un approccio, con esiti sonori anche piuttosto eterogenei. Dario Grande, in questo libro,  analizza le radici del fenomeno della musica indipendente non solo italiana (si parla anche dei Fugazi, maestri dell’etica DIY -Do It Yourself).  Imprescindibile quindi parlare di pilastri quali CCCP, Afterhours e Offlaga Disco Pax. Ma l’attenzione dell’autore è volta soprattutto a illustrarci i “figli degli anni zero” e anche i loro nipoti potremmo dire,  visto che ormai siamo nel 2021. Mette in luce il lavoro importante di organizzazioni come il MEI, di etichette come Bomba Dischi e 42 Records nel dare spazio a questa nuova esigenza espressiva.

Grande analizza più in dettaglio il percorso de Le Luci della Centrale Elettrica, I cani, The Giornalisti e Calcutta, con precisione e dovizia di bibliografia. Se Vasco Brondi e Niccolò Contessa hanno a mio parere dato il via a progetti più abrasivi e in qualche modo meno replicabili (e in fondo la quintessenza della musica indipendente dovrebbe essere una certa ricerca, non necessariamente ostica ai timpani ma pur sempre ricerca), The Giornalisti e Calcutta hanno, probabilmente senza volerlo, favorito la nascita di stilemi. Scrive l’autore: “L’ Indie Italiano che si è sviluppato nell’ultimo decennio è totalmente diverso da quello che fino al 2010 avevamo conosciuto, ma a una attenta analisi potrebbe rientrare nei parametri di quello che si potrebbe definire indie, Se poi è stato chiamato It – pop è perché effettivamente era diverso dal vecchio indie, è piaciuto sempre di più ed è diventato il nuovo mainstream”. I germi della dissoluzione sono però già attivi: “una spontaneità che incomincia già a sapere di finto, quindi, e che a ogni modo si traduce in un’apparente superficialità dei suoi meccanismi tanto nella musica tanto nei testi, che può alla lunga risultare dannosa all’interno del panorama musicale italiano”.

In queste righe Dario Grande mostra di avere colto esattamente il problema. Il problema non è che la musica indipendente, restando autentica, si prenda il palco dell’Ariston (anzi) e diventi più nota (anche perché altrimenti, prima o poi, chi la fa per poter vivere dovrà lasciar perdere). Il problema è la miriade di cloni che escono appena una formula funziona, e che, più che ispirarsi all’originale per proporre qualcosa di personale, copiano e basta, con esiti ripetitivi, se non anche musicalmente sgradevoli, e che quindi di indipendente alla fine hanno veramente poco.  Riuscirà quella che viene definita nuova scena italiana a non tarparsi le ali da sola? Lo vedremo prossimamente, soprattutto con la ripresa (si spera) dei live, ma Dario Grande ci ha fornito un'utile bussola.