Daria Addabbo Gino Castaldo

Daria Addabbo Gino Castaldo Un altro giorno e` andato. Le stagioni di Francesco Guccini


Jaca Book, 2021, 188 pagine, 50 euro Musica | Saggi

26/02/2021 di Franco Bergoglio
L’insieme di fattori che l’anno scorso aveva reso interessante il volume This Hard Land. Sulle strade di Bruce Springsteen -una miscela delle fotografie di Daria Addabbo, testi di Gino Castaldo, pregevole fattura editoriale di Jaca Book- tornano in questo progetto dedicato a Guccini, Un altro giorno è andato. Le stagioni di Francesco Guccini. Il libro si presenta come una collezione di immagini ritmate dall’incedere delle stagioni, quasi fossero i capitoli di una storia.

Ecco come lo racconta Castaldo: “Guccini è il tempo. È la sua vera ossessione, la grammatica che detta implacabile lo
sviluppo dei suoi versi. E’ il sottotesto poetico della sua intera storia”. Questa cornice temporale si nutre delle liriche del vasto canzoniere gucciniano e le parole si trasformano in scatti. Perché, come scrive Addabbo: “molti dei suoi testi contengono delle precise inquadrature”. Muovendosi alla ricerca di un corrispettivo reale alle immagini evocate dalle canzoni, la fotografa insegue una via Emilia ormai consegnata al mito, esattamente come il West.

La copertina racchiude il maggior numero di simboli possibili di quello che troveremo nel libro, con la sua italianissima autostrada, il paesaggio dal cielo azzurro eppure dominato dall’asfalto e da un tir in fuga, che porta stampato sul portellone posteriore unapubblicità con una cowgirl. Una immagine che trova un corrispettivo altrettanto potente all’interno dove, tra interni solitari e bar metafisici di periferia, in una rotonda stradale campeggia una scultura un po’ abnorme di un uomo che si porta un tir sulla schiena, una gigantesca americanata pop fotografata in una industriosa mattina di lavoro in Val Padana, con quella nebbiolina che accende l’asfalto di colori bagnati. A guardarlo, sentiamo il rumore dei mezzi pesanti che si muovono nell’incrocio, evocando la routine del lavoro, il grigio della foschia impregnata di gas di scarico e il nome del posto, BORGO PANIGALE, si stampa nella nostra testa come una voce radiofonica che annuncia l’ennesimo ingorgo.

Una foto mostra le commesse di un autogrill in un momento di riposo. Le parole di Guccini poste a fianco spiegano tutto:
“Come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill mentre i sogni miei segreti li rombavano via i tir…”.

Gli scatti sono punteggiati dalle liriche. Sfogliamo il libro e sentiamo il vocione del cantautore, ma, invece della musica, a sostenerlo ci sono colori e forme.