Cristiano Cavina Nel paese di tolintesàc
Marcos y Marcos, 2005, € 14,00 Narrativa Italiana
di Simona
Il paese del titolo è un piccolo centro romagnolo chiamato Purocielo. Purocielo è la cornice entro la quale si dipanano con moto ondulatorio i ricordi di nonna Cristina, raccontati a noi dal nipote, cresciuto seduto ai suoi piedi. Lo immaginiamo con gli occhi sgranati e la bocca aperta, incantato dalle storie dei vecchi abitanti di Purocielo: eroi mitici, rassicuranti compagni delle fantasie del piccolo ascoltatore fino a rappresentarne quelle radici ricercate tanto intensamente, quanto in maniera inconsapevole.
“-Tutti perdono qualcosa…Tu sei stato precoce…non eri ancora nato che già avevi perso il babbo-…Forse non ero nato davvero. In effetti, quando facevo i conti, saltava fuori che mancava la metà esatta dei genitori che mi sarebbero spettati di diritto…”
La girandola di situazioni e personaggi è vorticosa, ma l’affettuosa attenzione con cui sono trattati ci conduce per mano senza farci smarrire. Nonno Gustì dai mille travestimenti e mamma Nicolina, scura e selvatica. Zia Bella e Cristina Piccola. Zio Varo l’ineffabile e Zio Tarzan, la sua balia. Medardo e Fosca, la sorella poveretta. Poi tanti altri che, semplicemente, tratteggiano la storia di persone normalissime e speciali, perché uniche le une per le altre.
“…Gustì riuscì incredibilmente a imbastire un sorriso dolce, seguito da una frase di una serenità che lasciò nonna e Nicolina senza parole. “E che sarà mai” disse…Le sue sicurezze si infransero poche ore dopo, quando Gustì piangeva in cantina, appoggiato con un gomito al muro ammuffito. Stava chiedendo a Quel Signore là come avrebbe fatto ad andare avanti; lo informava che non ce la faceva più, che era stanco e che tutto andava a rotoli…”
In questo libro c’è poi la storia di tutti coloro che abitano paesi colpiti dalle bombe del ‘44; di tutti coloro che non vivono in famiglie da Mulino Bianco, ma convivono con aria pesante e frasi non dette.
“Ci teneva insieme una catena indistruttibile e interminabile di errori madornali, tenerezze indicibili e dettagli scomparsi.”
C’è la storia di chi abita in Romagna e si muove in bicicletta con passione, di tutti coloro che vivono un’infanzia fra campi e chiacchiere al bar. E c’è la storia di ciascuno, nessuno escluso, perché tutti si portano dentro i mondi fantastici della propria infanzia, custoditi da qualche parte.
“Il passare degli anni, e dei pomeriggi che li riempivano, riuscì ad appannare la rabbia di nonna Cristina…Ero lì, docile ai suoi piedi, incantato come un cobra dal fluire del suo passato…In un certo senso, ero un suo ostaggio. E al contrario di Sharazade, per salvarmi la vita non avrei dovuto raccontare storie, ma ascoltarle.”
L’autore svela il suo mondo con talento, con misura nelle parole e armonia nella costruzione del racconto. Forse a volte si avvertono “esercizi di stile”, ma non intaccano la reale urgenza del suo narrare, grazie ad un tocco genuino che sa essere delicato, ironico e a tratti stupito, perché deve sembrare incredibile persino a lui che, dopotutto, ci sia stato veramente un tempo in cui Purocielo e i suoi favolosi abitanti siano esistiti realmente.
“Erano i tempi d’oro delle veglie nei fienili…Gustì…si tirava appresso gli amici dell’Osteria del Sole. Eccoli che ritornano, pensavo io. Peppino Saltalamacchia, il formidabile ladro di pollame, era uno dei miei preferiti…Era come imbattersi nei protagonisti di una battaglia leggendaria o finire in piena epopea mitologica, solo che Achille incitava i suoi in dialetto, e la falange macedone…usciva cantando dall’Osteria del Sole, traballando sulle gambe ammorbidite dal sangiovese…”
Nel testo ritroviamo poi quella dimensione tra meschinità e innocenza, tipica di un’Italia che non c’è più, resa con convincente schiettezza; ma ancora di più colpiscono la nostalgia e l’affetto che sgorgano dai ricordi lasciando intravedere schegge di pura autenticità. Fotografie di un vivere quotidiano semplice e solidale che con la modernità il nostro Paese ha ormai perso, e che ciascuno continua a perdere diventando adulto. Ma ecco che in certi momenti è possibile lasciare in sospeso la prosaica quotidianità. Si aprono le pagine di un libro e questa volta si arriva nel paese di Tolintesàc dove ci si imbatte in piccole storie di vite comuni quiete, pure e impalpabili come un cielo azzurro, perché questo è il paese magico della nostra infanzia, diverso per tutti ma per tutti con lo stesso nome: Purocielo.
“…E se i forestieri si lamentavano di tutta questa fortuna immeritata, gli abitanti di Purocielo rispondevano con una formula misteriosa, nota solo a loro. - Tolintesàc - dicevano.”