
Claudia Piñeiro Piccoli colpi di fortuna
Feltrinelli, 2016 Narrativa Straniera | Romanzo
20/04/2016 di Corrado Ori Tanzi
Poi, vent’anni dopo, il ritorno in Argentina per motivi di lavoro. Un nuovo incontro col figlio e la battaglia coi fantasmi che in due decenni aveva tenuto in solaio. Questa volta però con un’arma in più. Mary capisce di poter contare su tutti quei minimi e apparentemente insulsi momenti quotidiani della sua esperienza che le hanno procurato serenità, se non addirittura felicità e che la hanno costruita come essere umano. Li chiama “piccoli colpi di fortuna”, la cui fonte non smette la produzione, che la salvano da ogni incombente ricaduta.
Conosciuta ai lettori italiani con libri di un certo successo editoriale (Un comunista in mutande e Le vedove del giovedì in prima fila) Claudia Piñeiro firma Piccoli colpi di fortuna (Una suerte pequeña nell’originale). Un romanzo caratterizzato da una sorprendente dicotomia.
Da una parte la scrittura dell’autrice di Buenos Aires. Piena, calda, avvolgente come da certa scuola moderna (soprattutto femminile) ispanica e latinoamericana. La pagina prende da subito le sembianze di una confessione orale piena di pathos condotta con grande capacità di governarne il profilo narrativo. Mai una parola di troppo, mai un sentimento o una riflessione che facciano uscire dagli argini il flusso di quanto già raccontato e di quanto ancora è nella penna della scrittrice.
Dall’altra parte l’insufficienza dell’impalcatura che dovrebbe tenere in piedi la costruzione del plot. Duecento scarse pagine per raccontare una storia che avrebbe avuto bisogno (e meritato) per lo meno il doppio dello spazio e del tempo di lettura. Abitano il romanzo figure troppo abbozzate (il nuovo compagno della protagonista) o dimenticate (il marito), il rapporto col figlio corre troppo veloce quando la storia entra nel vivo del presente e perde ogni carico espressivo che vent’anni di lontananza hanno alimentato quanto a dubbi, timori, desideri, ambizioni e olio di gomito per restare in equilibrio e crearsi un proprio futuro. Il poco spazio per la meccanica con cui le cose si sono in qualche modo aggiustate in due vite lontanissime è il vero tallone d’Achille di un romanzo scritto con grande dovizia. Alla fine vince l’inespresso. Ma se, perdonate il gioco di parole, l’inespresso non è un dato implicito della narrazione che definisce la cifra stilistica dell’artista quanto invece l’impressione che alla fine ne riceve il lettore, il risultato allora è molto più vicino alla sconfitta.
Claudia Piñeiro, Piccoli colpi di fortuna, Feltrinelli, 214 pagg., 15 euro
Corrado Ori Tanzi
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