Charles Dickens I Londinesi
Mattioli 1885, Classici Narrativa Straniera | Racconti
26/06/2016 di Corrado Ori Tanzi
La sua sensibilità letteraria si sarebbe sviluppata in tre direzioni e inizialmente sarebbe stata messa alla prova con brevi sketch che avrebbero trovato spazio sui quotidiani. Ingiustizia sociale, educazione scolastica dei giovani e maltrattamento dei più piccoli. Sketches by Boz, questo il cappello che li avrebbe riuniti in un solo corpo spirituale. Oggi per fortuna, grazie a Mattioli 1885, quelle storie arrivano a noi in un delizioso libro, I londinesi, che segue di un anno Il Grande Romanzo di Londra dello stesso ceppo che, a differenza delle pagine di cui parliamo, ebbe come centro propulsore la città e non tanto i suoi abitanti.
I londinesi quindi è il primo vero libro, l’esordio letterario di Charles Dickens al momento ancora sotto lo pseudonimo di Boz. I personaggi sono incanalati in una storia tutta propria e la loro individualità si compenetra e si scontra con le abitudini di una città dai lunghi confini, un fiume che è quasi un mare e un’architettura dello spirito molto meno regale per via di bassifondi che creano e moltiplicano un ventaglio piuttosto pronunciato di poveracci e criminali.
Tredici racconti che, più che contenere il futuro marchio di fabbrica dell’autore che Nabokov considerò la nuova luce letteraria inglese dopo Shakespeare, sono animati da personaggi spesso del tutto inadeguati a farsi interpreti di una morale comune non certo per ribellione quanto per privazione di una personalità che dia loro un volto e un nome. Uomini e donne da prendere con le molle però. Come accade col protagonista del racconto Il signor Minns e il cugino, per il quale: “In tutto il creato, c’erano due categorie di oggetti che considerava con il più profondo e implacabile orrore: cioè i cani e i bambini. Non è che mancasse di amabilità, ma in qualsiasi momento avrebbe potuto assistere all’esecuzione di un cane o un infanticidio con la più completa soddisfazione”. Quando cova dentro il Male riesce a essere teatrale, no?
Quel che si trova da subito è la scrittura di un autore che ha fatto della narazione asciutta, per quanto sistematicamente descrittiva, una delle lance più appuntite della sua letteratura. Ci arrivano magnifici tratti di uomini e donne a cui è regalato sempre l’aggettivo più naturale per descrivere un naso piuttosto che una postura.
Così, mentre le carrozze solcano Regent’s Street o lo Strand, mentre le eleganti botteghe vestono Soho piuttosto che Drury Lane e i mercanti si impossessano di Covent Garden, crescono i capannoni industriali che producono stoffe, i magazzini delle spezie e i pub più grevi.
I londinesi come padre dello joyciano Gente di Dublino? Non è sciocco pensarlo. A patto di considerarlo più nero, fuligginoso e malato. Austera era la corona della Regina Vittoria.
Charles Dickens – I londinesi, Mattioli 1885, pagg. 282, 16,90 euro
Corrado Ori Tanzi - https://8thofmay.wordpress.com