Charles Dickens

Charles Dickens I Londinesi


Mattioli 1885, Classici Narrativa Straniera | Racconti

26/06/2016 di Corrado Ori Tanzi
La letteratura europea occidentale venne salvata un giorno di febbraio del 1824, quando un ragazzo di nome Charles decise di ribellarsi al destino che sua madre gli aveva cucito attorno per mettere una pezza ai debiti del marito finito nelle segrete della Regina. Lui nella fabbrica di lucido da scarpe non voleva più starci. Aveva dodici anni e voleva soltanto raccontare storie che si appiccicassero alla realtà che i suoi occhi vedevano sconvolti ogni giorno. No, la famiglia Dickens non sarebbe stata ricordata per le cadute del padre e la tetragona miopia della madre.

La sua sensibilità letteraria si sarebbe sviluppata in tre direzioni e inizialmente sarebbe stata messa alla prova con brevi sketch che avrebbero trovato spazio sui quotidiani. Ingiustizia sociale, educazione scolastica dei giovani e maltrattamento dei più piccoli. Sketches by Boz, questo il cappello che li avrebbe riuniti in un solo corpo spirituale. Oggi per fortuna, grazie a Mattioli 1885, quelle storie arrivano a noi in un delizioso libro, I londinesi, che segue di un anno Il Grande Romanzo di Londra dello stesso ceppo che, a differenza delle pagine di cui parliamo, ebbe come centro propulsore la città e non tanto i suoi abitanti.

I londinesi quindi è il primo vero libro, l’esordio letterario di Charles Dickens al momento ancora sotto lo pseudonimo di Boz. I personaggi sono incanalati in una storia tutta propria e la loro individualità si compenetra e si scontra con le abitudini di una città dai lunghi confini, un fiume che è quasi un mare e un’architettura dello spirito molto meno regale per via di bassifondi che creano e moltiplicano un ventaglio piuttosto pronunciato di poveracci e criminali.

Tredici racconti che, più che contenere il futuro marchio di fabbrica dell’autore che Nabokov considerò la nuova luce letteraria inglese dopo Shakespeare, sono animati da personaggi spesso del tutto inadeguati a farsi interpreti di una morale comune non certo per ribellione quanto per privazione di una personalità che dia loro un volto e un nome. Uomini e donne da prendere con le molle però. Come accade col protagonista del racconto Il signor Minns e il cugino, per il quale: “In tutto il creato, c’erano due categorie di oggetti che considerava con il più profondo e implacabile orrore: cioè i cani e i bambini. Non è che mancasse di amabilità, ma in qualsiasi momento avrebbe potuto assistere all’esecuzione di un cane o un infanticidio con la più completa soddisfazione”. Quando cova dentro il Male riesce a essere teatrale, no?

Quel che si trova da subito è la scrittura di un autore che ha fatto della narazione asciutta, per quanto sistematicamente descrittiva, una delle lance più appuntite della sua letteratura. Ci arrivano magnifici tratti di uomini e donne a cui è regalato sempre l’aggettivo più naturale per descrivere un naso piuttosto che una postura.

Così, mentre le carrozze solcano Regent’s Street o lo Strand, mentre le eleganti botteghe vestono Soho piuttosto che Drury Lane e i mercanti si impossessano di Covent Garden, crescono i capannoni industriali che producono stoffe, i magazzini delle spezie e i pub più grevi.

I londinesi come padre dello joyciano Gente di Dublino? Non è sciocco pensarlo. A patto di considerarlo più nero, fuligginoso e malato. Austera era la corona della Regina Vittoria.

 

Charles Dickens – I londinesi, Mattioli 1885, pagg. 282, 16,90 euro

 

Corrado Ori Tanzi - https://8thofmay.wordpress.com