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César Aira Il pittore fulminato
Fazi, 2018 Narrativa Straniera | Romanzo
21/05/2018 di Eliana Barlocco
Di Rugendas, e del suo accompagnatore, amico e anch’egli pittore Krause, vengono qui narrate le peregrinazioni in Sud America, inseguendo il sogno di incontrare e di ritrarre il selvaggio.
“..la meta segreta del lungo viaggio, che abbracciò tutta la sua giovinezza, fu l’Argentina, il vuoto misterioso nel punto equidistante dagli orizzonti, sulle immense pianure. Soltanto lì, pensava, avrebbe potuto trovare il volto nascosto dell’arte..” ecco lo scopo del viaggio. Ritrarre la natura nella sua essenza più vera. Incomincia così una ricerca di luoghi, persone, situazioni.
Le figure della narrazione sono due: il Pittore e il suo fidato amico e aiutante, proprio come in ogni romanzo di avventura che si rispetti. Durante il viaggio Rugendas, in un impeto di irrequietezza, va incontro alla natura selvaggia e ne rimane letteralmente folgorato: sia nell'animo che, soprattutto, nel corpo. Questa folgorazione non è solo reale, ma trasporta i protagonisti stessi su di un piano metareale. Ossia il corpo e la mente deturpati del pittore permettono allo stesso di entrare in contatto con la natura più vera. Il pittore raggiunge più facilmente l'essenza dell'arte. L'isolamento, che da un lato è il risultato del rigetto della società abituata a canoni di perfezione fisica diversi e, dall’altro, è dovuto a tremendi attacchi di dolore, acuisce ulteriormente il sentire di Rugendas. Il suo vedere e percepire il mondo sarà in parte accettato dagli altri nel momento in cui si coprirà il volto, in cui cioè la sua vera natura sarà nascosta. Egli vede, senza essere visto. Il mezzo di contatto tra il suo essere e gli altri sarà allora il suo fedele aiutante Krause che, non all'altezza di costruire l'arte da sé, ne capisce però il valore intrinseco e, in mille modalità, si prodiga ad aiutare il pittore nel suo intento: ossia ritrarre i nativi nell'atto di vivere.
Ma non si può fare arte attraverso uno schermo posto fra il pittore e il mondo, così come non si può fruire dell'arte filtrandola tramite uno schermo. Pertanto, quando finalmente quel velo cadrà, l’arte apparirà in tutto il suo essere: tremenda nel rispecchiare la realtà, eppure bellissima nell’atto della creazione. Il volto deforme di Rugendas, a tratti magnetico, cattura la scena e diviene il protagonista assoluto:“Era la luna che illuminava il viso, o il viso che illuminava la luna?”.
In sintesi siamo di fronte ad un libro che riflette sulla creazione dell’arte, sul rapporto tra noi e l’altro. Includendo nel concetto di altro anche “il nostro altro”, quello che manteniamo nascosto e che non riveliamo neanche a noi stessi perché incapaci di vederlo, ma che emerge al confronto col diverso.
E anche questo è uno dei tanti scopi dell’Arte.