Asako Yuzuki

Asako Yuzuki Butter


HarperCollins, 2024, Bruno Forzan traduttore, 542 pp., euro 18,90 Narrativa Straniera | Romanzo

23/05/2024 di Eliana Barlocco
Butter, di Asako Yuzuki nella bella traduzione di Bruno Forzan, edizioni HarperCollins, uscito in contemporanea per il mercato italiano e anglofono, è la storia di tre donne: Rika, Manako e Reika. Tre diverse personalità (una donna in carriera, una serial killer, una casalinga) tutte unite dalla passione per la cucina e per il burro. Un elemento che ricorrerrà per tutto il romanzo (dal titolo, alla favola, spesso citata, Little Black Samba) e che, da un punto di vista metaforico, rappresenta perfettamente l’elaborazione della materia (e della persona) e la capacità di questa di variare a seconda dell’utilizzo: da un freddo panetto fino allo scioglimento in un liquido color oro profumatissimo.

Rika, unica giornalista donna in una rivista sportiva maschile, decide di intervistare Manako Kajiii, accusata di aver ucciso alcuni uomini di affari con cui intratteneva relazioni dopo aver cucinato per loro. Per incontrare Manako, decide di mettere in atto il suggerimento dell’amica Reiko: ossia chiedere alla serial killer la ricetta del suo famoso stufato di manzo. I colloqui tra le due donne sono basati su uno scambio reciproco di lezioni di cucina e racconti di vita fuori dal carcere. Questo flusso di informazioni consentono a Rika di riscoprire il piacere di cucinare, permettendole di conoscere aspetti di sè che aveva celato da troppo tempo.

Esplorare l’arte della cucina favorisce un percorso di crescita personale, l’acquisizione di consapevolezza, che viene soffocata dai rigidi canoni imposti dalla società giapponese. Tutte tre le donne evolvono, imparando a capire cosa realmente vogliono e cosa possono ottenere da se stesse e dagli altri, sciogliendo quelle rigide pareti che la società crea per loro.

Basato sul caso di cronaca “The Konkatsu Killer”, il romanzo di Asako Yuzuki è anche una critica verso la società giapponese, dove ogni atteggiamento deve seguire uno schema, e dove correre fuori dai binari porta inevitabilmente al deragliamento. Una volta fuori, però, bisogna capire come rientrare, se accettare di non cambiare rotta, oppure trovare nuovi percorsi: “Era quella la ‘parete divisoria’ di cui parlava Manako. Quella torta, sollevatasi dallo stampo in tutta la sua imponenza, sembrava proteggerla come uno scudo. Ma creare delle barriere non significava mettersi sulla difensiva e rifiutare gli altri...Una parete non doveva essere per forza fatta di rigidi mattoni o di freddo cemento. Andava benissimo anche una torta morbida e calda.”