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Arto Paasilinna L`anno della lepre
Narrativa Straniera | Romanzo | Umoristico
18/11/2015 di Alessandro Leone
E’ questa la sua più grande caratteristica, ovvero l’abilità con cui affronta, o meglio, ha il coraggio di affrontare alcuni temi tabù con la sfacciataggine che contraddistingue il celebre umorismo nordico. Ma proseguiamo per gradi. Ci troviamo nei pressi di Helsinki quando un giornalista alla guida di un auto investe una lepre che scattante si rifugia nei meandri oscuri dei boschi finlandesi. Vatanen, questo il suo nome, sordo ai richiami del suo accompagnatore, inizia a vagare nella natura con in braccio questa piccola lepre, la Lepus Timidus, nota per la caratteristica peculiare del cambiamento di pelo stagionale.
La lepre diviene pretesto per fuggire dalla normalità alienante a cui la capitale lo costringe: ad iniziare dal suo giornale, dove le notizie venivano trasformate in allegre storielle prive di dettagli, passando per la moglie, autoritaria e dissidente. Man mano che Vatanen si allontana dal sud civilizzato, riscopre la semplicità dei villaggi, il contatto con la natura ed offre l’occasione di analizzare alcuni stereotipi dell’essere nordico/finlandese.
Per esempio, l’alcool è un tema ricorrente. Non a caso, è facile notare come gli scandinavi siano retti, rigidi durante la settimana per riversare la loro interiorità più ribelle nel weekend in cui scelgono di lasciare l’auto per affrontare il viaggio pre e post sbornia in taxi. Dunque, è elemento necessario per permettere alla mente di estraniarsi anche quando si scatena l’incendio e Vatanen entra in contatto con un uomo in vacanza che è riuscito a salvare del suo equipaggiamento solo i primi dieci litri di grappa distillata.
Ma non dimentichiamoci della lepre, che oltre a suscitare la tenerezza dei più, risulta essere anche un personaggio ilare oltre che altr ego di Vatanen, a sua volta doppio dell’autore (entrambi nati nel 1942). Nelle sue peregrinazioni, il giornalista si rifugia in una chiesa, partecipa quasi senza volerlo ad un pranzo diplomatico in seguito ad una battaglia con un orso e spesso la lepre sembra agire in sua vece, proprio perché da animale può permettersi determinati comportamenti. Lascia dunque intendere il suo disprezzo sotto forma di palline di sterco che vagano per la chiesa, portando il prete alla follia quando colpisce con un proiettile la rotula di Gesù crocifisso, o nella minestra della diplomatica svedese. Non a caso religione e politica, potere temporale e spirituale.
C’è ancora tempo per toccare altri mostri sacri della Finlandia settantina. Prima Kekkonen, che Hannikainen reputa clone del vecchio diplomatico e poi il rapporto con la potente Unione Sovietica, anch’essa caricaturizzata da quel “Vot” cadenzato e gli inviti alla condivisione sotto forma Vodka.
Il tutto si tramuta in una fuga alla scoperta di se stessi, una mappatura della Finlandia in cui riconoscerci nonostante l’impronunciabilità dei luoghi attraversati, che sfocia nell’elogio dell’autore alla figura di Vatanen come un coraggioso uomo mite capace di ribellarsi alla stasi ricercando la propria felicità, lontano dalla globalizzazione alla sua fase iniziale. Un messaggio ancora molto attuale e trattato sotto un linguaggio che spinge a sorridere, e poi a riflettere.