Arkadij E Boris Strugackij La chiocciola sul pendio
Carbonio Editore – titolo originale Ulitka sklone, 1971, traduzione di Daniela Liberti, pp 272, €16,50 Narrativa Straniera | Filosofia | Fantascienza
09/04/2021 di Arianna Marsico
Il primo protagonista del libro è infatti la Foresta, entità vera e propria, nella quale sono presenti cloache, laghi poco limpidi, morti viventi che rapiscono le donne, esseri informi che sembrano amebe luminose (vi vengono in mente certe scene post – catastrofi?)
Alla sua gestione, e a sovrintendere l’intera vita delle comunità ad essa legate, provvede il Direttorato. Organo burocratico, illogico e capace di qualsiasi efferatezza, fa pensare al Grande Fratello di orwelliana memoria, all’apparato repressivo dell’URSS e di un qualsiasi regime totalitario, ma anche all’odierna burocrazia, in cui il cane si morde la coda e le persone rimangono incastrate in situazioni kafkiane.
Tra tanti abitanti/lavoratori, che in qualche modo svolgono i propri assurdi compiti senza chiedersi perché, ci sono due persone che invece non smettono di interrogarsi, diverse e simili, eppure destinate a non incontrarsi mai. Uno è Perec, filologo che dovrebbe studiare la lingua degli abitanti della foresta, ma invece si ritrova a fare calcoli per il gruppo di Sicurezza Scientifica. Vorrebbe addentrarsi nella Foresta, ma viene trattenuto aspettando l’autorizzazione a farlo, come se fosse Godot. Fino a che il Potere forse lo corromperà irrimediabilmente.
L’altra mente non assopita è quella di Kandid, soprannominato il Muto, che ha perso la memoria e si è trovata la giovane Nava data in moglie. Lui però vorrebbe scappare dalla Foresta, raggiungere una fantomatica Città, che nessuno sa se esista realmente. E forse tale ossessione lo porterà a perdersi.
La chiocciola sul pendio si regge su simmetrie sbilanciate, tra la Foresta e il Direttorato che schiacciano la massa, la massa che schiaccia i singoli, dei singoli che vogliono ribellarsi al sistema strabordante. E sul finale rimane il dubbio su chi vinca, in questa perenne dialettica servo – padrone.