Antonio Pellegrini

Antonio Pellegrini Blues. La musica del diavolo


Diarkos, Ritmi, 2022, 272 pp., 18 euro Musica | Saggi

14/03/2023 di Franco Bergoglio
È un canto di liberazione urlato verso il cielo. Non è solo una musica, ma uno stato d’animo. La musica del diavolo è genitrice del rock, del jazz e di tanti altri generi. In un certo senso, è immortale perché, invece di scomparire con una generazione, evolve e si trasforma in qualcos’altro per continuare a svolgere la sua opera taumaturgica.

Queste due frasi, contenute nella prima pagina di Blues. La musica del diavolo, il saggio di Antonio Pellegrini,  sono un conciso e soddisfacente sunto di cos’è il blues. Musica dell’anima, pietra angolare della black music di sempre e della musica popular di derivazione americana del Novecento. Il libro si occupa dei principali protagonisti del blues del deep south, da Charley Patton a Blind Lemon Jefferson, tracciandone concise biografie. Di quest’ultimo ad esempio si ricorda la fine tragica, quando nel dicembre del 1929, all’inizio della grande recessione, viene trovato morto dopo una tempesta di neve, lui che era stato uno degli artisti più venduti presso il pubblico segregato nero dei suoi anni.

Si passa poi al blues urbano, con Bessie Smith e Big Bill Broonzy. Di quest’ultimo si narra un interessante aneddoto “torinese”. Achiviato il blues anteguerra, si approda a quello elettrico di Muddy Waters, Willie Dixon, B.B. King, John Lee Hooker, etc. etc. Dopo un necessario capitolo sul British blues, si passa al blues rock.

A questo punto arriva una parte del libro interessante, perché la storia prosegue da fine Novecento al nuovo millennio e i nomi si fanno meno scontati: a parte scelte indiscutibili, come Stevie Ray Vaughan e Robert Cray, l’autore decide di dare spazio a figure più controverse, come quella di Joe Bonamassa o di Kenny Wayne Shepherd, o a quella ancorata alla tradizione di John Primer.

Altrettanto interessante è l’appendice, dove l’autore ospita altre firme italiane della critica blues, impegnate a raccontare questo o quel concerto, o a intervistare qualche protagonista. In conclusione: prima parte sintetica e utile per chi vuole accostarsi al blues, seconda adatta a soddisfare anche i gusti degli adepti di vecchia data.