Antonio Moresco

Antonio Moresco L`addio


Giunti, 2016 Narrativa Italiana | Noir | fantasy

27/04/2016 di Corrado Ori Tanzi
Lui si chiama D’Arco. È un poliziotto. Ed è soprattutto morto. Infatti vive nella città dei morti. Che poi è un luogo del tutto identico a una qualunque città che conosciamo. Ci sono depositi di automobili, questure, strade, grattacieli, automobili. Solo che i suoi abitanti sono morti. Trapassati da una vita viva a una esistenza da morti. D’Arco venne ucciso in servizio e ora nel netherworld continua a guadagnarsi la pagnotta nello stesso modo.

L’incarico che gli viene dato è pesante. La città dei morti è permeata da un canto dolente che scende dai grattacieli. Sono voci di bambini. Comunicazioni tra vivi e morti e mail criptate dicono che nel mondo dei vivi c’è proprio un programma diretto ad ammazzare più infanti possibili. D’Arco parte per tornare da dove è venuto e porta con sé un eccezionale Virgilio, un bambino muto, dal cranio rasato e il collo marchiato da una cicatrice disegnata da una collana di filo spinato.

Il ritorno nel mondo dei vivi nasconde un irrisolvibile quesito che da qualche tempo gli batte in testa: quale dei due mondi è venuto prima? Si passa dalla vita alla morte o dalla morte alla vita? E sì perché le due prospettive differenti cambierebbero ogni possibile significato dello stare ai mondi. Ma più D’Arco è di nuovo tra noi più non si rende conto come faccia la città dei vivi a contenere tutto il male che crea. L’illuminazione avverrà in un teso confronto con l’Uomo di Luce a precedere il ritorno nella città dei morti. Pagine di eccezionale portata. Talmente percussive e piene di fango da essere celininamente liriche, per chi scrive tra le più belle in assoluto dell’intera letteratura italiana contemporanea (e ora sparatemi pure).

Avesse avuti natali o anche solo passaporto americano, Antonio Moresco verrebbe venerato alla stregua di un Philip Dick o Stephen King. Dopo l’opera monstre Gli increati lo scrittore mantovano è a noi con L’addio, romanzo potente e irrispettoso di ogni buona novella post-moderna. L’essere umano viene dal male e non può che incarnare il male, lo compie e a esso tornerà. L’amore è un sogno, un potente anestetico che ci iniettiamo perché perdere sensi e brocca fa parte della nostra natura. Finché almeno restiamo in vita. Ma il male, più lo si sfoltisce, più si rafforza. Quando torneremo da dove siamo venuti la musica cambierà e ci pacificheremo.

Un romanzo che si basa su un milione di domande. Domande che scendono a grappolo e che cercano di vivisezionare da ogni microangolo il singolo argomento su cui il protagonista si interroga. Un oceano di quesiti che ci attaccano al muro stringendoci la gola. L’Uomo di Luce gli confessa quello che D’Arco non vorrebbe mai sentirsi dire e, come un bambino schizofrenico, quest’ultimo cerca qualunque modo per spegnerlo. Gli manca solo il battere i piedi per terra e fare i pugnetti. Ma come si fa a spegnere la coscienza?

Moresco lo ha scritto in sede di presentazione. Dice che non riesce più a sopportare i rapporti umani così come vengono configurati in questa epoca. E senza quella che gli anglosassoni chiamano balance s’incendia il cielo. L’addio prende l’avvio dove si è chiusa La lucina. I bambini abitano il suo personale Walhalla letterario. Perché sono la terra di mezzo tra chi non c’è e chi, essendo tale da tanti anni, non è più trasformabile. Il luogo d’attesa tra un caos e un altro. Il crocevia del benvenuto e dell’addio. Ora il suo tempo narrativo guarda verso quest’ultimo. Sempre benvenuto tra noi, Maestro.

 

Antonio Moresco, L’addio, Giunti, 288 pagg., 15 euro

Corrado Ori Tanzi

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