António Lobo Antunes Lo splendore del Portogallo
Feltrinelli, 2019 Narrativa Straniera | Romanzo
30/06/2019 di Corrado Ori Tanzi
Oggi Feltrinelli pubblica un suo successo letterario, già proposto ai lettori italiani da Einaudi nel 2002. È il caso de Lo splendore del Portogallo, che si compone di pagine ostiche ma vieppiù poderose su temi che la più stretta contemporaneità accoglie con grande empatia.
Passo indietro di quasi 25 anni. È il 1995 e il libro si apre su una madre e tre figli, ex coloni portoghesi in Angola. Il nucleo si è ormai spezzato perché, mentre i figli sono ora a Lisbona da almeno vent’anni, Isilde, la vecchia madre è rimasta in Africa, ultima avanguardia nella difesa di una piantagione contro le furie di una guerra civile durata 13 anni e terminata nel 1975 che si avvale anche dell’intervento di governi stranieri come l’Urss, il Sudafrica e Cuba. Un inferno combattuto in nome dell’indipendenza e dei soliti equilibri che ben restano tali con gli abitanti locali a fare da bravi schiavi. Per terra, almeno 500.00 corpi senza più calore e un milione di evacuati. Il risultato (l’indipendenza dal Portogallo) comunque viene portata a casa.
Il sistema delle piantagioni è la campana sotto la quale sono venuti al mondo i tre figli. Il primo, Carlos, è il frutto sgradito della relazione tra il padre e una prostituta, è uscito mulatto e subisce la prima discriminazione dentro la famiglia stessa. La figlia Clarisse esercita la professione più antica del mondo e la sua unica fortuna è stata quella di trovare letti upper class. Il più giovane, Rui, invece è rinchiuso in una clinica per malattie mentali e si sfoga sugli animali con violenza inaudita.
Su una prosa nobile e corposa col periodo che vive di improvvise intermittenze e continue descrizioni, l’autore intreccia un’architettura narrativa complessa basata sulla discontinuità delle voci che prendono la parola. Sono i monologhi dei quattro personaggi a formare la spina dorsale del romanzo. Racconti di come l’essere umano possa umiliarsi, smarrirsi e prostrarsi dentro a un incedere della Storia ben più enorme di loro. I quattro mettono sul tavolo le loro storie e le loro storie ben presto diventano un incubo composto da vergogna dentro un mondo diretto alla distruzione.
Antunes gioca col suo abituale stile polifonico per spiegare il generale raccontando il particolare. Quattro concrete vite che il Potere non esiterebbe un secondo a definire insulse per sbatterci sul naso quella ignominiosa illusione che fu la presenza portoghese in Africa. Colonialismo, imperialismo e razzismo vengono polverizzati dal sangue versato e dalla miseria imposta di cui sono stati mandanti ed esecutore. Dentro uno stile non di primo impatto Antunes ci racconta la decomposizione umana prima ancora che sociale, l’acredine come scheggia dell’orrore e ci presenta il tutto con il più sarcastico dei titoli messo a cappello del flusso dei ricordi. E di nuovo la sua vecchia bandiera filosofica: il passato è un’invenzione. Viviamo immersi in un presente senza fine.
António Lobo Antunes, Lo splendore del Portogallo, Feltrinelli, 416 pagg., 22 euro
Corrado Ori Tanzi – https://8thofmay.wordpress.com