Annie Ernaux

Annie Ernaux Gli Anni


L`Orma Editore, 2015 Narrativa Straniera | Romanzo | Società

03/02/2016 di Alessandro Leone
Ci sono voluti sette anni per portare in Italia Gli anni ed ancora ne serviranno per tradurre tutta l’opera di una scrittrice, Annie Ernaux, che tramite la sua voce ha saputo raccontare la sua società, microcosmo di un’entità dapprima europea e poi occidentale. Immerso in un impianto sociologico sartriano, Gli anni – un titolo generale quanto specifico – rappresenta un flusso continuo verso la formazione del sistema in cui viviamo visto dagli occhi di una donna. Sono palesi i richiami autobiografici ma mai si ostenta l’utilizzo della prima persona o, meglio, quando essa è presente viene ad assumere più i connotati di un pluralia maiestatis che una visione spudoratamente personalistica. L’io che delinea il passaggio da un’invenzione all’altra è testimonianza di un’intera popolazione e di un moto collettivo verso l’inesorabile passaggio del tempo. Leggere quest’opera, anche per chi non ha vissuto il dopo guerra, significa passare costantemente per momenti di rivelazione pensando: “non l’avevo mai visto da questo punto di vista ma effettivamente è così”.

Le foto che seguono l’impianto autobiografico e che, quasi come in un bildungsroman, testimoniano la crescita di un individuo, sono il contraltare tra un cambiamento e l’altro. Pare addirittura che si riesca ad affrontare qualsiasi cambiamento ed ognuno nel proprio piccolo contribuisce a sviluppare una nuova mentalità che forma le generazioni a venire ed obbliga le vecchie ad un repentino adeguamento. Quella in cui si muove dapprima la nostra voce narrante “si rammaricava per non essere ancora nata quando si erano dovute abbandonare le città in lunghi cortei di profughi e si era stati costretti a dormire tutti assieme sulla paglia come i nomadi”. In queste situazioni il popolo è ancora più popolo perché unito nella necessità mentre ora ci convinciamo che il valore e la patria siano termini desueti e rivendicabili solo in virtù di alleanze più grandi, come nel caso dell’Unione Europea. A quei tempi viaggiare verso un'altra città voleva dire “andare all’altro capo del mondo” ed avere l’impressione di uno stile di vita che pur nello stesso contesto sembrava avesse connotati diversi. Quando l’Europa attraverserà la sua fase di splendore economico subentrerà il consumo e l’idea secondo cui ogni cosa sia importante sulla base della sua utilità. Pian piano i confini tra il reale e l’irreale si perderanno, i mezzi di informazione andranno a costituire il simulacro dove restano solo “frasi ad effetto”. L’infinito è un contorno quasi definito e Dio non rappresenta che una secondaria forma di consolazione privata del suo senso da un oggetto qualsiasi.

Ma Gli anni è anche un racconto politico. Al cambiamento negli stili di vita, che pian piano iniziano a conformarsi facendo sì che ogni paese perda parte della sua tradizione, si succede l’avvicendamento di visioni politiche distinte. Il ’68 e la rivoluzione comunista perde di significato; Mitterand, Chirac, Sarkozy plasmano l’immagine di una Francia potente, autoritaria ma anche debole negli attentati subiti. Il fallimento di alcune ideologie allontana le generazione dalla lotta per i diritti e l’incontestabilità dei numeri diventa la più grande arma del potere. Non adeguarsi forse vuol dire prepararsi a morire ma nel disfacimento delle proprie illusioni, la nostra protagonista vede la sua vita privata infrangersi ancor prima del suo futuro. Accorgersi di avere un tumore al seno vuol dire rendersi conto che il tempo passa e che il cambiamento, nella sua inesorabilità, rimpiazzerà ogni generazione con un’altra prima che se ne accorgano. Ciò che però li accomuna è l’esperienza, quella che contraddistingue ogni anno ed entra di diritto in un immaginario collettivo in cui ognuno può riconoscere se stesso.