Alessandro Baricco

Alessandro Baricco Seta


Rizzoli, 1996, £18.000

di Simona
UNA GRAN BELLA STORIA D’AMORE, MA FORSE SENZ’ANIMA
Come può scrivere una storia d’amore un autore come Baricco, magari senza neanche impegnarsi troppo? Così. Scrive una sessantina di pagine, in modo da non stancare il lettore; cala la storia in un tempo romantico, l’Ottocento; da’ ai protagonisti nomi romantici, Hervé Joncour ed Hélène. Poi ambienta gli avvenimenti in un luogo romantico, a Lavilledieu, in una qualche regione della Francia meridionale, spruzzandovi anche un tocco di esotica magia, il Giappone. In questo modo riesce a imbastire una storia tenera, enigmatica, a tratti appassionata e dall’effetto, certamente, romantico.
In effetti non vale nemmeno la pena di raccontare la trama di Seta, perché non è questo ciò che conta in questo libro. Ciò che conta è la rappresentazione del dei destini dei protagonisti, della natura a tratti misteriosa a tratti beffarda dei loro desideri; ciò che conta è il racconto del mistero dei segreti di esistenze normali. Del resto proprio l’attenzione a questi enigmi sottili differenzia Seta da qualsiasi altro libricino d’amore, certo facendone qualcosa di più di un romanzo d’appendice. Ma non è solo questo. A nobilitare Seta ci pensano anche la fantasia e l’innegabile maestria con cui Baricco esercita il mestiere di narratore.
Tuttavia se questi elementi costituiscono la marcia in più del libro, forse rappresentano anche la sua pecca maggiore. A Baricco, che è un giocoliere delle parole, viene sin troppo facile raccontare storie, spesso belle storie. Gli viene facile identificare gli elementi capaci di costruire un bel racconto, mescolarli nel migliore dei modi e farne uscire fuori un libro che si presenti in maniera impeccabile, gli viene anche troppo facile. Ci si aspetta di più da un autore così capace, ci si aspetta almeno un po’ più di passione e di trasporto nei confronti dei propri personaggi. Meno freddezza, meno autocompiacimento verso la propria creazione e più slancio. Allora forse anche la storia narrata in Seta, oltre che bellissima, oltre che impeccabilmente raccontata, avrebbe potuto essere in qualche modo più “vera”, perché così non può aspirare all’immortalità degna dei grandi scrittori, perché così le manca l’anima.

Quattro mesi e tredici giorni dopo il suo ritorno, Baldabiou si sedette davanti a lui, sulla riva del lago, al limite occidentale del parco, e gli disse: “Tanto a qualcuno la dovrai raccontare, prima o poi, la verità.” Lo disse piano, con fatica, perché non credeva, mai, che la verità servisse a qualcosa.
Hervé Joncour alzò lo sguardo verso il parco. C’era autunno e luce falsa, tutt’intorno. (…) Baldabiou stette ad ascoltare, in silenzio, fino all’ultimo, fino al treno di Eberfeld. Non pensava nulla. Ascoltava. Gli fece male sentire, alla fine, Hervé Joncour dire piano: “Non ho mai sentito nemmeno la sua voce.” E dopo un po’: “E’ uno strano dolore.” Piano. “Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.” Risalirono il parco camminando uno accanto all’altro. L’unica cosa che Baldaboiu disse fu: “Ma perché diavolo fa questo freddo porco?” Lo disse a un certo punto.

Alessandro Baricco Altri articoli