Akram Aylisli

Akram Aylisli Sogni di pietra


Guerini e Associati, 2015 Narrativa Straniera | Romanzo | romanzo storico

01/01/2016 di Eliana Barlocco
La storia ha dimostrato innumerevoli volte che, quando un paese soffre, gli scrittori sono le personalità che ne subiscono maggiormente le conseguenze. La ragione è semplice: chi brama il potere non gradisce la verità” scrive così, nella post fazione del suo libro Sogni di Pietra, lo scrittore azero Akram Aylisli, pseudonimo di Akram Najaf oglu Naibov.

Compito degli intellettuali di ogni paese è quello di raccontare la verità, soprattutto quella più scomoda; ed è ciò che ha tentato di fare coraggiosamente Aylisli. Il libro, uscito nel 2014 in Azerbaigian ha urtato la sensibilità del regime scatenando una vera e propria campagna diffamatoria nei confronti dello scrittore, novellista ed ex parlamentare azero.

Finito nel 2007, vede la luce tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 dopo l’estradizione di Ramil Safarov (vd. http://www.comunitaarmena.it/ungheresi-complici-o/) in Azerbaigian.

A seguito di questo evento, Aylisli decide di pubblicare il suo lavoro su una rivista in Russia (Družba Narodov - Amicizia tra i Popoli). La reazione è incontenibile. Viene definito ’traditore della nazione e nemico del popolo’, i suoi libri vengono bruciati, moglie e figlio perdono il lavoro e il leader di un partito pro-governativo promette una ricompensa monetaria a chi riuscirà a tagliare un pezzo di orecchio a Aylisli (fortunatamente, a seguito di proteste anche internazionali, il leader ritira la sua offerta).

E’ sempre interessante constatare quanto la forza penetrante e acuta (scripta manent…) della parola scritta crei terrore in chi detiene il potere. 

Il nostro autore, candidato poi nel 2014 al Premio Nobel, racconta in poco più di un centinaio di pagine la vicenda complicata, dolorosa, infinita tra azeri e armeni. Il protagonista è un attore azero che, per aver difeso un armeno, rimane vittima della violenza di un gruppo di fanatici azeri.

Il racconto si svolge su diversi piani. Così come la vita, ha diverse sfaccettature, molteplici chiavi di lettura e paralleli punti di vista che convergono in un unico aspetto: la perdita di umanità…”era come se gli abitanti di quella città si fossero messi tutti quanti daccordo nel tenersi lontani da ciò che si chiama umanità”.

E’ la storia di un idealista, una sorta di Don Chisciotte che si erge contro il muro di incomprensione e di intolleranza da cui non riesce più ad emergere. E’ la storia di un uomo che viaggia alla riscoperta della religiosità attraverso il cammino di una vita. E’ l’incontro e lo scontro tra visioni differenti della storia, in cui vittime e carnefici cercano di trovare una giustificazione alla loro esistenza. E’ la presa di coscienza di quanto la brutalità emersa nei massacri del 1919 prima, nei pogrom di Sumgait e di Baku in anni più recenti, e se vogliamo, anche oggi nella delicata situazione politica in Nagorno Karabakh, non siano state e non debbano essere lo specchio di un’intera nazione.

Come dice lo scrittore : “Il mio in realtà non è un libro sugli armeni, ma sulla ricerca della veritàIl principale obiettivo del romanzo è un appello affinché si possa vivere assieme”.

Peccherò di ottimismo, ma penso che fino a quando anche una sola persona si opporrà a una massa in cammino, la storia avrà ancora qualcosa da insegnare.