Onore al merito di chi, autore cinematografico, riesce ancora ad emozionarci senza esibizioni di sorta (spesso fini a sé stesse), ma, al contrario, con la sola forza dell’immaginazione. Onore al merito del visionario (e in questi tempi cupi non guasta mai) Wes Andreson, giovane regista del sorprendente film “I Tenenbaum”, del 2001. Il grottesco e il surreale sono i valori aggiunti di questa opera che vi lascerà a bocca aperta dinanzi alle sue esilaranti stravaganze. Perno centrale del plot è la famiglia, unita, divisa, riunita, di nuovo sfilacciata, dove i rapporti padri/figli, mariti/mogli, fratelli/sorellastre, nonni/nipoti sono scandagliati con estrema ironia, ma anche con una vena poetica di malinconia che difficilmente non scalfirà il vostro cuore. La famiglia Tenenbaum è una famiglia “sui generis”, come il mondo di Wes Anderson (vedi anche “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”), è una famiglia all’insegna del genio, ben presto però sfociato nella depressione e nella solitudine di chi cresce troppo in fretta. C’è un padre, Royal Tenenbaum (Gene Hackman), troppo assente e cinico per conquistarsi l’affetto di sua moglie Etheline (Angelica Houston) e dei suoi tre figli: Chas (Ben Stiller), abile con i numeri e futuro proprietario di un’attività immobiliare; Richie (Luke Wilson), appassionato di tennis e vincitore per tre anni di seguito dei campionati juniores statunitensi; Margot (Gwyneth Paltrow), scrittrice in erba di piccole commedie che gli varranno una borsa di studio di 50 mila dollari. Ma le glorie adolescenziali finiranno presto per questi tre piccoli grandi uomini, alle prese con una “normalità” dura da accettare. Una “normalità” fatta di sconfitte, perdite (Chas rimarrà vedovo), rimpianti e rancori, soprattutto verso il padre di famiglia, l’istrione di Casa Tenenbaum. Quando Royal (a secco di denaro) ritornerà a casa in cerca di ospitalità, si fingerà malato terminale pur di farsi accettare dalla famiglia che già l’aveva ripudiato. Ma l’inganno non dura, come anche l’affetto dei parenti che, consapevoli della messa in scena paterna, lo scacceranno per la seconda volta. Sta qui, dunque, la grande trovata di Anderson, capace di mettere i protagonisti del film dinanzi alle proprie contraddizioni e alle inderogabili scelte di vita da fare; è qui che ognuno avrà l’occasione imperdibile di affrontare, una volta per tutte, le paure di sempre dando una svolta decisiva ai destini comuni; è qui che un evento imprevisto, ma non troppo, come la morte porterà scompiglio ed unione nella famiglia Tenenbaum. Ma sempre con il sorriso sulle labbra, in perfetto stile Anderson!
(scritta nel giugno 2006)