R.benigni

R.benigni PINOCCHIO


2002 » RECENSIONE |
Con R.Benigni - N.Braschi - C.Giuffré

di Elena Cristina Musso
E’ ancora nell’aria l’eco del “Roberto” urlato dalla Loren alla cerimonia degli Oscar. E per Benigni era davvero difficile riproporsi dopo il trionfo de “La vita è bella”. Ma, da grande artista qual é, lo ha fatto nel modo meno scontato, portando sullo schermo uno dei miti della letteratura di tutti i tempi. Molto più semplice sarebbe stato per lui creare una storia nuova, una storia alla Benigni, appunto. Invece, il “piccolo diavolo” toscano ha deciso di realizzare un suo vecchio sogno, condiviso col grande Maestro Fellini, che già ai tempi de “La voce della luna” lo aveva soprannominato Pinocchietto, immaginandolo a vestire i panni del celebre burattino.

Malgrado qualche piccola licenza nella trama, la magia della favola é riproposta fedelmente. Si percepiscono il rispetto e l’ammirazione che Benigni ha nei riguardi di quest’opera e, nonostante la naturalezza sgambettante e istrionica dell’attore, si ha l’impressione, in alcuni momenti, di vederlo entrare nella storia in punta di piedi, quasi temesse di rompere gli equilibri già perfetti creati da Collodi. Il film é impeccabile. Nella scelta degli attori, delle musiche di Nicola Piovani, delle scenografie del compianto Danilo Donati (a cui il film é dedicato) e persino degli effetti speciali che non risultano mai eccessivi, ma riescono a diventare una necessaria conseguenza del ritmo pirotecnico e coinvolgente che la regia di Benigni dà a tutto l’insieme.

I personaggi vengono sì disegnati fedeli al testo originale, ma non stereotipati. Così, l’espressione un po’ vaga e distaccata della fata turchina, affidata all’interpretazione di Nicoletta Braschi, non contrasta con l’immagine tradizionale della fata buona, ma ne rivela, semmai, un aspetto inedito. Lo stesso, per Lucignolo (Kim Rossi Stewart) discolo e cialtrone, ma che lascia trapelare un animo di sognatore. E ancora, il Grillo parlante saggio, ma anche un po’ goffo e sprovveduto (Beppe Barra) e Geppetto (Carlo Giuffré) padre amorevole, disposto ad ogni sacrificio per il figlio, ma che alla fine del film lascia intravedere una lievissima sfumatura di quel realistico egocentrismo che, spesso, caratterizza le persone anziane.

Si esce dal cinema con le stesse sensazioni che da bambini ci accompagnavano dopo che qualcuno di famiglia ci aveva raccontato questa storia senza tempo, con in più quella di persone adulte compenetrate del fatto che Pinocchio e tutti i personaggi che gli ruotano intorno, somigliano più che mai a qualche parte di noi.