Peter Farrelly Green Book
2018 » RECENSIONE | Commedia | Drammatico
Con Viggo Mortensen, Mahershala Ali, Linda Cardellini
14/02/2019 di Silvia Morganti
Perché Green book è bellissimo! Non so ancora spiegarmi esattamente come faccia a utilizzare le riprese per mostrare le pieghe del discorso, ma vi riesce perfettamente. Parlare di temi già tante volte rappresentati come se lo si potesse fare con un linguaggio del tutto nuovo, con uno stile inedito e perfetto.
Gli attori Viggo Mortensen e Mahershala Ali sono straordinari, in particolare il primo che interpreta un personaggio per il quale alla fine si avverte un trasporto umano gigantesco, come lo è lui nella sua trasformazione. Semplice italoamericano con famiglia e qualche difficoltà Tony Vallelonga, detto Tony Lip, rappresenta non il solito cliché, o per lo meno lo supera alla grande, mostrandolo senza negarlo, per andare ben oltre.
Tutto avviene come se fosse orchestrato da mani sapienti; una regia impeccabile. Il tema del razzismo e delle discriminazioni nell’America di primi anni Sessanta visti attraverso diversi punti di vista che sapientemente si intrecciano nella trama. Vediamo.
C’è il personaggio nero, musicista eccelso, che sceglie una turné non facile; attraversa volontariamente il terreno dei bianchi, per i quali suona e si esibisce in trio nelle sale da concerto più rinomate nel Sud dell’America, quella delle piantagioni in cui i neri lavorano ancora quasi come schiavi. Una scena del film mostra esattamente questo attraverso lo sguardo dell’uomo, che quasi si imbarazza a guardare. Egli è di una raffinatezza strabiliante: le mani, guardate la sinuosità delle mani! Il suo carattere è schivo, solitario, forgiato dalla musica classica che interpreta. Vive nell’agiatezza e nel rispetto. Rispetto? Non proprio. Il colore della pelle non gli permette di riceverne come dovrebbe, e ne è perfettamente cosciente.
Il bianco, che è l’autista assoldato per la turné, svolge allora il ruolo di contrappunto. Il suo punto di vista è quello di chi sa che il mondo è diviso da barriere mentali che lui stesso incarna: inizialmente due operai neri che bevono nella sua cucina, lasciano dietro di sé due bicchieri che vengono gettati nella pattumiera per il solo fatto di essere stati da loro toccati. O come quando dalla radio della vettura da lui guidata, si ascolta la musica jazz – che egli apprezza oltremodo e che l’altro ignora – che gli fa gridare: “Ma come è possibile? Questa è la tua gente!”. Il mondo è a compartimenti stagno! Il tuo, nero, e il mio, bianco: la musica travalica però le separazioni!
Infatti, poi tutto piano piano si sgretola, i muri scendono, le barriere vengono infrante – anche con una coscia di pollo fritta che non si può non onorare! – ed è il ritmo che ci ha colpito. Tutto avviene per gradi, come per gradi ci si conosce e si scopre di poter essere amici.
La protezione dell’uno verso l’altro in momenti difficili, da far tremare i polsi, o la lealtà o il mutuo soccorso anche sulle piccole cose, come una lettera d’amore da scrivere, diventano vero incontro, di quel tipo speciale che trasforma i soggetti coinvolti.
La ruvidezza e ‘volgarità’ – se così si può dire – di Tony si sciolgono tra la rigidità e la determinazione del Dottor Shirley, per poi ricomporre un quadro d’insieme incredibilmente straordinario, in cui lo spettatore è come calato.
Il viaggio, le tappe, le soste – mirabilmente anticipate da quel “Green book”, guida stradale in cui sono indicati tutti i locali e le pensioni in cui i neri hanno accesso –, scandiscono il racconto che conosce anche colpi di scena esilaranti. Certo è che da sottofondo sta il divieto assoluto e miope che ‘delimita’ l’agire dei neri e che contemporaneamente legittima l’assurdità e l’ingiustizia che i bianchi neanche riescono a vedere. C’è chi subisce perché così è la legge e c’è chi osserva le regole senza interrogarsi. Il viaggio però non si ferma davanti a questo mondo così sbagliato: le incrinature le senti attraverso le anime dei due protagonisti, il loro scricchiolare ognuno a suo modo.
C’è una partenza e un ritorno, e nella circolarità della storia avviene qualcosa che forse supera le aspettative: e pensare che non si tratta di invenzione cinematografica o di buoni propositi all’americana, per così dire, ma si tratta di una storia vera. Uno degli sceneggiatori non a caso è il figlio di Tony, Nick Vallelonga. Con i titoli di coda appaiono alcune foto e alcune parole che raccontano dell’amicizia tra i due e di come è proseguita. Difficile non commuoversi, vero? Eppure, dicono, sia solo una commedia.
Bellissima anche la colonna sonora! Anche quella che la versione originale ci consegna della lingua viva degli attori!
Ogni premio Oscar assegnato sarà meritatissimo (è candidato a cinque statuette!)!