Paola Cortellesi C`è ancora domani
2023 » RECENSIONE | Drammatico | Commedia
Con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni, Francesco Centorame
29/10/2023 di Laura Bianchi
Invece.
Invece, C'è ancora domani è, certo, il primo film con Cortellesi alla regia, e, certo, ci recitano lei, Fanelli, Mastandrea e altri artisti conosciutissimi. Ma, spoiler, non è un film comico. Le classificazioni non bastano, non servono neppure, di fronte a un lavoro coraggioso, che scompagina le categorie e le sistema in un ordine differente, come quando una mano sconosciuta ci sposta i libri della nostra biblioteca secondo una logica che ci sorprende, ma che funziona pure meglio.
Cortellesi mette insieme un cast di bravissimi attori e amici, si fa aiutare, per la sceneggiatura, da Furio Andreotti e da Giulia Calenda (figlia di Cristina Comencini, e quindi nipote di Luigi...), e fa fotografare il tutto da Davide Leone, perfetto nel cogliere l'atmosfera storica e sociale del film, ambientato negli stessi anni documentati dai registi del Neorealismo, in un bianco e nero e in una dinamica di formato - dal quadrato al rettangolare - che esprimono la modernità delle scelte e dei messaggi.
La storia e la Storia si intrecciano in modo agile e fluido: la storia del matrimonio infelice della remissiva, affettuosa Delia (Cortellesi) col patriarcale, violento Ivano (Mastandrea) e della loro famiglia, fra soprusi, rinunce e povertà, si incastona con efficacia nella Storia della Roma subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, fra presìdi di soldati americani, tessere annonarie, manifesti elettorali e attesa per le elezioni del 2 giugno 1946, le prime che videro le donne parteciparvi attivamente, tanto che la percentuale di votanti donne fu più alta rispetto ai maschi, nell’Italia meridionale e insulare.
In questo intrecciarsi fra storia maggiore e minore, nell'annullarsi - o nell'esplicitarsi - della prima nella seconda, sta la forza del film; al punto che la conclusione (che non sveleremo) appare coerente con i messaggi che Cortellesi è abile nel disseminare nel corso della narrazione, fra battute apparentemente svagate, manifesti scrostati sui muri, abiti che rivelano status sociali, aspirazioni e velleità. Le citazioni dei maestri del Neorealismo, e dei loro immediati allievi, sono piste da seguire: la scena della servetta Maria in cucina, in Umberto D. di De Sica, la cinepresa che pedina gli attori attraverso una Roma ancora in macerie come in Ladri di biciclette, la condizione della donna chiusa fra colazioni da preparare e biancheria da stendere come in Una giornata particolare di Scola. Ma non sono solo omaggi, e tantomeno plagi: Cortellesi è attenta ad adeguare ogni riferimento storico e culturale a un'estetica postmoderna, e a un'etica contemporanea.
Ecco dunque arrivare la musica, là dove non bastano le immagini a marcare la differenza: Concato con M'innamoro davvero, per il bacio - non- bacio al cioccolato fra Delia e il suo antico spasimante, Dalla con La sera dei miracoli, per l'attesa del giorno a cui Delia ha deciso di affidare il proprio futuro, una cover di Nessuno (successo di Mina), reinterpretata da Spinetti e Magoni, per una delle scene di violenza familiare più dure e stranianti mai viste; ma anche gli Outkast con B.O.B (Bombs over Baghdad), per un momento di indipendenza della protagonista. Fino alla voce di Daniele Silvestri, che fa sentire la sua A bocca chiusa in conclusione del film; un brano di dieci anni fa, ma che sembra composto apposta per quella scena, emozionante, spiazzante, determinante per ricostruire non solo l'intero svolgimento della vicenda, ma anche il suo altissimo messaggio, di civiltà, partecipazione e resistenza.
Ma allora, non si ride mai? Cortellesi conosce alla perfezione i tempi e i ritmi della narrazione, e conosciamo la sua padronanza della scena, nel misurare comico e profondo, umoristico e drammatico. Commedia e dramma infatti si bilanciano, grazie ad alcuni accorgimenti: l'occhio acutamente critico nei confronti della gente del popolo, che non è sempre tutta buona, gentile, altruista, ma sa essere anche pettegola, maligna, ipocrita, tratteggia con ironia personaggi caricaturali, e la regia inserisce, dove ne avverte la necessità, momenti lievi, spesso incarnati nello sguardo caustico di un'Emanuela Fanelli perfetta nei panni di un'amica fruttivendola, fedele e protettiva.
Quindi, certo, si ride. Ma soprattutto si pensa; ci si emoziona; ci si lascia coinvolgere da una storia passata, che potrebbe comunque ripetersi, a questa, o ad altre latitudini. E che, se ci distraiamo, potrebbe diventare, di nuovo, Storia.
Per questo, la dedica finale recita "A Lauretta": la figlia di Paola Cortellesi. Perché, vedendo il film, non dimentichi mai le lotte, le fatiche, le sofferenze, delle sue bisnonne.