Neri Marcorè Zamora
2024 » RECENSIONE | Drammatico | Commedia
Con Alberto Paradossi, Neri Marcorè, Marta Gastini, Anna Ferraioli Ravel, Walter Leonardi
12/04/2024 di Roberto Codini
“L’attaccante tira il pallone soltanto in direzione del portiere che resta completamente calmo”. (Peter Handke, Prima del calcio di rigore)
L’ansia del portiere, la sua paura prima del calcio di rigore, l’attesa e il tuffo, dalla parte del pallone o dalla parte opposta. Lo stato d’animo del portiere protagonista del bel romanzo di Peter Handke, scrittore e sceneggiatore di Wim Wenders, sembra sintetizzare bene la condizione di Walter Vismara, il protagonista di Zamora, il bel film di esordio di Neri Marcorè tratto dall'omonimo romanzo del 2003 di.Roberto Perrone.
Walter (interpretato dal bravissimo Alberto Paradossi), ragioniere trentenne che lavora come contabile in una piccola fabbrica di Vigevano, dopo la chiusura della fabbrica si ritrova catapultato in un’azienda di Milano, al servizio del cavalier Tosetto, imprenditore moderno e all’avanguardia interista sfegatato e con la passione del folber, il calcio come lo definiva il grande Gianni Brera, e che per questo obbliga i dipendenti a sfide settimanali di scapoli contro ammogliati.
Walter, che non ama e non conosce il calcio, si dichiara portiere solo perché è l’unico ruolo che conosce, è costretto a giocare per non perdere il lavoro, anche a costo di subire lo sfottò dei colleghi (che lo chiamano “Zamora” come il celebre portiere spagnolo) e il bullismo di un antipatico ingegnere che fa la corte alla segretaria della quale lui si sta innamorando, probabilmente corrisposto, anche se lui non se ne accorge. Ma, come spesso accade, il caso viene in aiuto dei giusti. Walter soccorre un uomo che è stato appena aggredito e scopre che si tratta di Cavazzoni, storico portiere ora caduto in disgrazia, interpretato dallo stesso regista. Cavazzoni, all’inizio diffidente, riuscirà a trasformare Vismara in un bravo portiere, capace di dirigere i compagni e di guardare negli occhi l’avversario prima che batta il rigore.
L’esordio alla regia di Marcorè, che ha voluto circondarsi da attori e stand up comedians come è Giovanni Storti o Walter Leonardi, è una piacevolissima sorpresa, ma forse neanche tanto. L'artista, di cui abbiamo già potuto apprezzare le doti di attore, riesce a realizzare un film sospeso tra Il maestro di Vigevano di Elio Petri e il cinema di Ermanno Olmi. Il protagonista, accompagnato dal suo allenatore e mentore tra i pali, abbandona ogni resilienza e costruisce una leadership sorprendente, diventando la star della squadra degli scapoli, il portiere guida e leader del gruppo.
Il film si impernia sul calcio come metafora della vita e ancora di più sulla solitudine del portiere. Solo chi, come chi scrive, ha giocato a calcio nel ruolo di portiere (non essendo bravo negli altri), può capire quanto questo ruolo sia al tempo spesso difficile, ingrato, ma anche decisivo, e a volte meraviglioso.
Se, per dirla con De Gregori, Nino non deve avere paura di tirare un calcio di rigore, il portiere non deve temere il rigore. Peter Handke ce lo racconta nel suo romanzo Prima del calcio di rigore e Marcorè ce lo spiega con l’evoluzione del ragionier Walter Vismara. Lo sguardo del portiere è l’ultimo ostacolo prima del goal o prima della parata ed è l’ultima cosa che l’attaccante vede prima di tirare il rigore, in rete, nelle braccia del portiere o fuori dalla porta. Il goal nel calcio è bello, ma, come insegna Cantona ne Il mio amico Eric di Ken Loach, ancora più bello è l’assist. E forse più bella ancora è la parata. A un goal sbagliato si può rimediare con un altro; il portiere, se subisce un goal, deve solo raccogliere la palla in rete, ma, se para la sua squadra, può vincere.
Marcorè sceglie il Nord, la Lombardia operosa, nebbiosa e campanilista, la provincia e la grande città, per raccontare una storia di lavoro, di sport e di vita, dove c’è anche di mezzo una donna, perché, come dicono i protagonisti, “c’è sempre di mezzo una donna”...