Myroslav Slaboshpytskiy

Drammatico

Myroslav Slaboshpytskiy The Tribe


2014 » RECENSIONE | Drammatico
Con Rosa Babiy, Alexander Dsiadevich, Grygoriy Fesenko, Yana Novikova



16/09/2014 di Paolo Ronchetti
Sergey, giovane sordomuto, entra in un istituto dove, scoprirà velocemente, la vita è regolata da dinamiche violente e prevaricatorie.

Slaboshpytskiy - nato a Kiev nel 1974 e al suo esordio sulla lunga distanza dopo i corti con cui ha partecipato con successo a Berlino e Locarno - vince con questo The Tribe, a pari merito con Navajazo del messicano Ricardo Silva, il 19vesimo Milano Film Festival dopo aver vinto il Gran Premio della Semaine de la Critique a Cannes 2014

 The Tribe è film estremo in molti sensi (ma forse sarebbe meglio dire “radicale”). Radicale sin dal fatto di essere, per scelta, programmato in lingua originale senza sottotitoli. Radicale nell’assenza di linguaggio verbale, ridotto a pochissime insignificanti battute. Radicale nell’essere pieno di linguaggio non verbale (e non “parlatissimo” come si trova scritto). Radicale nell’uso di attori “attori” in vece di attori sordomuti. Radicale nel ripensare ex novo un linguaggio dei segni e una prossemica “universale” che poco ha a che vedere con le lingue dei segni (che sono lingue nazionali e non universali). Radicale nel non cedere mai al pietismo ma, anzi, mostrando il degrado e la brutalità della legge del più forte sino all’estrema conseguenza. Il tutto con piani sequenza infiniti, pedinando i protagonisti per gli angoscianti lunghissimi corridoi dell’istituto oppure soffermandosi inesorabilmente, con la radicale fissità della macchina da presa, nelle scene in cui lo sguardo dello spettatore fatica a sostenere sullo schermo. Infine (???) film radicale nel mettere in scena esclusivamente solo atti (sempre più “inevitabili nel loro essere necessari”) di sopraffazione forte/debole in un’escalation senza via d’uscita che troppo ricorda le cronache estere di questi tempi.

 Dietro al desiderio, dichiarato dal regista, di raccontare la propria infanzia o il mondo delle comunità di sordomuti, c’è evidente la voglia di riflettere sui meccanismi che stanno portando, in primis ma non solo, la sua nazione sul baratro della guerra civile. Il regista parla poi di omaggio al cinema muto e ciò avviene nella maniera più radicale e paradossale essendo il film, in realtà, pieno di suoni che unicamente i protagonisti non riescono a percepire. Un cinema fortemente sonoro (quasi shoccante in alcuni momenti) fatto da sordomuti e non un film Muto! Ma in fondo un film muto perché non ha bisogno di parole!

 Detto della difficile digeribilità di questo The Tribe, rimane da segnalare che nonostante l’abbia visto, nelle sue due ore abbondanti, in una proiezione iniziata intorno alle 23 il film è “volato” in maniera sorprendente in virtù di una tensione palpabile e di un ritmo inesorabile.