Nel corso degli anni il cinema ha avuto modo di perfezionare sempre più i suoi roboanti effetti speciali, attrazione imprescindibile per tutti quegli spettatori disimpegnati, pronti a lasciarsi ammaliare dalla semplice forza spettacolare della Settima Arte. Basti pensare a pellicole del calibro di Guerre Stellari, Alien, Lo Squalo, Blade Runner, e il gioco è fatto. Il cinema di finzione, infatti, non può esimersi dall’inventare nuovi mondi prima sconosciuti ai nostri occhi, troppo spesso pigri di ricreare immaginari alternativi alla realtà di tutti i giorni. Ecco perche, a distanza di ben 73 anni, rivedere un capolavoro del passato, come il King Kong di Merian Cooper ed Ernest Schoedsack, classe 1933, non può non fare un certo effetto. Almeno per gli amanti del cinema a tutto tondo! Uno dei tanti esempi di cinema nel cinema, occasione imperdibile per i registi dell’epoca di intrattenere per qualche ora il proprio pubblico, senza mancare di riflettere sull’essenza stessa dell’arte cinematografica. Come non accorgersene dinanzi alla storia di Carl Denham (Robert Armstrong), avventuroso produttore di documentari, in cerca di una giovane attrice per la sua prossima impresa, alla volta dell’isola tropicale di Skull Island, abitata dal gigantesco gorilla King Kong? Ed è qui che s’innesca la trovata “universale” del film, alla ricerca “visiva” di quell’eterna lotta impari tra l’uomo e Dio, tra il paesaggio urbano e la natura; è qui che ha luogo la conversione da un mondo a immagine e somiglianza del Creatore, ad un mondo a immagine e somiglianza dell’uomo. Le ultime, visionarie, sequenze con il gorilla asserragliato sulla cima dell’Empire State Building di New York, in compagnia dell’amata Ann Darrow (per la serie, anche le bestie hanno dei sentimenti), ci da il senso contraddittorio del nostro tempo, anche a distanza di decenni. Non più l’uomo al servizio della natura, bensì la natura al servizio dell’uomo, con tutti gli squilibri che questa deriva comporta. Un film d’amore, un film d’avventura, un film di terrore, ma ancor di più un film sul nostro “vecchio pazzo mondo”.