Marco Belloccchio

Drammatico

Marco Belloccchio Bella Addormentata


2012 » RECENSIONE | Drammatico
Con Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Maya Sansa, Pier Giorgio Bellocchio, Roberto Herlitzka

06/11/2012 di Paolo Ronchetti
La Storia
  Il film si svolge, in vari luoghi d’Italia, in sei giorni, gli ultimi di Eluana Englaro, la cui vicenda resta sullo sfondo. Personaggi di fantasia, dalle diverse ideologie, le cui storie si collegano emotivamente a quella vicenda, in una riflessione esistenziale sul perché della vita e della speranza malgrado tutto. Un senatore deve scegliere se votare per una legge che va contro la sua coscienza o non votarla, disubbidendo alla disciplina del partito, mentre sua figlia Maria, attivista del movimento per la vita, manifesta davanti alla clinica dove è ricoverata Eluana. Roberto, con il fratello, è schierato nell’opposto fronte laico. Un “nemico” di cui Maria si innamora. Altrove, una grande attrice cerca nella fede e nel miracolo la guarigione della figlia, da anni in coma irreversibile, sacrificando così il rapporto con il figlio. Infine la disperata Rossa che vuole morire, ma un giovane medico di nome Pallido si oppone con tutte le forze al suo suicidio. E contro ogni aspettativa, alla fine del film, un risveglio alla vita... 

  Come approcciarsi ad un film così complesso, cosi alto nelle ambizioni e purtroppo cosi disomogeneo nei risultati come questo Bella Addormentata di Marco Bellocchio (sul cui valore come autore basterebbe, a testimoniare, il meritato Leone d’Oro alla carriera consegnatogli l’anno scorso proprio qui a Venezia)? Forse iniziando banalmente con confermare che il film, pur essendo bello, non poteva ambire a nessun premio a questa 69vesima mostra veneziana? Prima o poi questo personale giudizio doveva venire fuori ed allora è forse meglio essere chiari da subito!

    Ma cosa non mi ha convinto?
Non mi ha convinto, innanzitutto, una scrittura troppo disomogenea. Le storie raccontate soffrono spesso nel momento in cui s’intrecciano perché, proprio in quel momento, viene a galla la loro evidente disparità d’ispirazione, strutturale e di scrittura.

  È bello che un’attrice come la Huppert si trovi a suo agio con una scrittura ferma ma che lascia uno spazio per mostrarci tutti i trucchi del suo splendido mestiere di attrice! E Bellocchio le dà luoghi, oggetti, arredi, suore/badanti con cui pregare e accudire, muta presenza all’interno della casa, una figlia in coma; E poi il conflitto con un figlio, che vorrebbe essere riconosciuto identitariamente come tale, e un ex marito che la vanno a trovare più nella speranza di spezzare la simbiosi madre/figlia che nel desiderio di incontrare le due figure reali. Gli sceneggiatori offrono inoltre alla “mater dolorosa” Huppert un mestiere da attrice abbandonato, una superiorità dominante nei rapporti e uno sfaldarsi psichico sottile ma sempre più evidente. Chiaro che con tutto ciò a disposizione questa parte della storia abbia un peso incredibile nella fissazione nella memoria…e che la Huppert, da grande artista, si trovi a splendido agio.
    Le storie che si dipanano dalla coppia padre/figlia (Toni Servillo, Alba Rohrwacher) sono quelle invece più legate alla storicità del caso Englaro e, pur nella complessità, si sviluppano bene. Lo spazio della rabbia e dell’abbandono amoroso, dei legami famigliari (di due fratelli obbligati alla simbiosi dalla sindrome maniaco depressiva di uno dei due e dalla superficialità tutta “atti esteriori” della madre) che si distaccano alla presenza di una sempre bravissima Rohrwacher (anche lei con il duplice distacco da ricucire, quello con la madre morta e con il padre ritenuto il carnefice). È la discontinua storia del politico Servillo, in crisi d’identità e sul punto di mollare tutto, che pare avere qualcosa non gira. Forse troppo dimesso Servillo ma sicuramente molto belle le scene del bagno turco, gli interventi di Roberto Herlitzka nelle vesti dello psichiatra del PDL e troppo forte la realtà, recuperata in archivio, delle folli dichiarazioni dei politici italiani nella televisione di quei freddi giorni. Servillo di fronte a tutto ciò è attonito, (splendidamente?) incapace di dare direzione a questo grande smarrimento.

    Ma la parte che non gira è quella che, secondo Bellocchio padre, dovrebbe essere il fulcro del film che rimanda al titolo. La vera storia della “Bella Addormentata” una bravissima Maya Sansa che riesce a essere “in parte” anche con una decina di chili di bellezza di troppo! Sì, la Sansa è credibilmente border/tossica/suicida anche se così floridamente bella! Chiusa alla relazione subirà il miracolo della guarigione per opera del medico Pier Giorgio Bellocchio. E qui arrivano tutti i problemi.
  Pier Giorgio è un ottimo attore, osservatelo anche nella sua piccola parte in È Stato Il Figlio di Ciprì, ma, in questo caso, servito da una pessima scrittura. Una scrittura che non gli dà oggetti, relazioni personali, luoghi da usare. Gli sceneggiatori gli lasciano, come scomoda eredità, frasi che sono stereotipi, scene madri con inattendibili preti o colleghi e troppa rabbia impotente. Azzardando di molto, e chiedendo scuse rispettose per la mia affermazione, sembrerebbe quasi che il regista voglia far riflettere più sulle sue dinamiche personali con il figlio attore che su altro. Oppure che, novello Abramo, abbia sacrificato il proprio figlio al dio del cinema. Bello comunque il finale con la Sansa (paziente) a togliere dolcemente le scarpe al (curante) Bellocchio richiamando la folle solitudine dell’ultima scena hupperiana in cui la francese si toglieva solitaria le scarpe per accovacciarsi sul divano di un vuoto accudimento.

  Il film, comunque consigliato, infine non trova equilibrio tra le scene che hanno a che fare con una lettura fantastica, quasi onirica, della realtà e storie in cui l’assenza di sogno rimanda a una piattezza esecutiva svilente.

  La bella mano di Ciprì nella fotografia sembra subire e assecondare l’estro di Bellocchio accentuando magnificamente i pro ed i contro del film.

Voto
3/ su 5

Commento del regista
    Il film nasce da una fortissima emozione (e stupore) per la morte di Eluana Englaro. Sentivo anche però che questa partecipazione rischiava di limitare la mia immaginazione, sentivo che era necessario dilatare l’orizzonte... Ho aspettato due anni e così sono nate altre storie non estranee alla storia di Eluana eppure indipendenti, che “pescavano” in un tempo lontano, il tempo di tutta la mia vita, l’infanzia, l’adolescenza, la famiglia, l’educazione cattolica, il compromesso della politica, i principi morali, l’importanza della coerenza alle proprie idee, il rifiuto di arrendersi di fronte a una vita in pericolo che conserva però tutte le potenzialità per riprendersi, per rinascere. Senza Eluana che muore non ci sarebbe Bella Addormentata, che si risveglia.

Ps Storia e Commento del regista sono tratti dal sito ufficiale del 69simo Festival di Venezia