Joshua Oppenheimer

Drammatico

Joshua Oppenheimer THE LOOK OF SILENCE


2014 » RECENSIONE | Drammatico | Documentario | GRAN PREMIO DELLA GIURIA al Festival di Venezia 2014



11/11/2014 di Paolo Ronchetti
Danimarca/Finlandia/Indonesia, Norvegia/Regno Unito. 1h,45 v.o. indonesiano, javanese sott. Italiano
GRAN PREMIO DELLA GIURIA al Festival di Venezia 2014

 The Look of Silence è lo straordinario secondo capitolo del lavoro del regista Joshua Oppenheimer per testimoniare la feroce uccisione di un milione di persone nel 1965 in Indonesia. Il precedente, l’ancor più “sporco”, potente (e imperdibile) the Act Of Killing - L’Arte Di Uccidere, era stato candidato, a sorpresa, nella cinquina degli Oscar 2014 come miglior documentario.
 In questo The Look of Silence (Gran Premio Della Giuria al Festival Di Venezia 2014) seguiamo il fratello di una delle vittime nella sua ricerca di verità su cosa successe in quei due anni, sul perché anche suo fratello finì ucciso in modo atroce, come molti innocenti, solo perché sospettato di essere comunista.

  Girato prima di The Act Of Killing, ma distribuito successivamente per evitare pericolose ritorsioni nei confronti dei protagonisti e dei componenti della troupe (i cui membri sono citati alla fine con una teoria agghiacciante di Anonymous), the Look Of Silence ne ribalta il punto di osservazione. Dove in The Act Of Killing si girava un film con lo sguardo allucinato dei carnefici e con una messa in scena paradossale di rara lucidità[1], in questo film veneziano lo sguardo si sposta sul fratello di una vittima e sul suo desiderio di capire e, forse, perdonare. 
 
  Anche in questo caso l’intelligenza registica è straordinaria. L’atto di vedere, e capire, al centro del racconto è veicolato dal reale lavoro del protagonista che gira per città e villaggi come ottico provando vista ed occhiali alle persone. Ed è proprio attraverso questo tentativo di messa a fuoco degli occhi dei suoi “clienti” che si crea una relazione con il carnefice e il tentativo di far vedere (o anche semplicemente di vedere), oltre il proprio naso, la mostruosità agghiacciante, nella sua apparente normalità, di quegli atti compiuti.

 Chi era allora negli squadroni della morte oggi è a capo della politica e dell’economia indonesiana. I militari corrotti e gli USA (agghiacciante in tal senso il servizio, riproposto nel film, andato in onda su un canale nord americano a fine anni’60) hanno alimentato all’inverosimile la paura dei mussulmani indonesiani di trovarsi davanti ad uno stato laico. Ed agghiacciante è il senso di impunità dei protagonisti, acuito dalla inscalfibile convinzione di essere stati nel giusto e di meritare riconoscimenti internazionali per i loro gesti. In una cultura che unisce superstizione e ignoranza; disinformazione e sete di potere; sadismo e lucida follia. 

  Ma si può parlare di poesia mostrando una pantomima quasi più drammatica del reale? Certamente! E i due film di Oppenheimer ce lo dimostrano in maniera assolutamente lucida e senza sconti. E non è certamente un caso che uno dei due produttori del film sia Werner Herzog, il maestro assoluto di questo tipo di poetica. 

  Scrivendo nei giorni scorsi di The Tribe, il film ucraino vincitore del Milano Film Festival, ragionavo su un sistema di poteri che si autodetermina e costituisce attraverso “atti sempre più inevitabili nel loro essere necessari”. Ebbene, se nel caso di The Tribe la violenza era in qualche modo metafora di un sistema di potere, il questo The Look Of Silence abbiamo la documentazione di come atti brutali “inevitabili nel loro essere necessari” siano realmente IL metodo per eliminare l’avversario, chiunque esso sia, ed ottenere potere. Una violenza così forte e radicata culturalmente da non rendere spesso possibile nessuna possibilità di pentimento. Senza consapevolezza (che non è banalmente il “cosa ho materialmente fatto”) il pentimento non esiste ed il primo a saperlo è il protagonista del film che si/ci interroga sul senso del perdono anche in assenza della consapevolezza dell’atro.

  The Look of Silence, cosi come il suo gemello The Act Of Killing, è un capolavoro che, come dice Mereghetti “restituisce al cinema il suo ruolo di testimone” con parti uguali di denuncia e cruda poesia.

 In conclusione mi piace segnalare come a Milano solo il cinema Beltrade abbia programmato (per un anno!) The Act Of Killing ed ora programmi, dalla sua uscita italiana, questo Look Of Silence. Il tutto assieme a molti film altrimenti invisibili e dando così una "possibilità" ad una cinematografia, solo apparentemente marginale, che ha necessità e urgenza di essere vista.

 

 

[1]Mostrando e amplificando la loro violenza con un parossismo teatrale drammaticamente iper-reale; chiedendo agli squadroni della morte di riproporre, sotto gli occhi delle telecamere, le loro azioni di quarant’anni prima come se fosse un film d’azione o un western americano