Diciamo la verità, scrivere recensioni o critiche dopo un po’ diventa un mero esercizio ripetitivo, che si svolge seguendo degli schemi, spesso e volentieri automatici. Così è bello, ogni tanto, essere illuminati da un film e farsi trascinare più dalle “emozioni” che dalla “maniera” (o mestiere, che dir si voglia), in modo che le parole possano defluire velocemente e fermarsi su un foglio o, ai giorni nostri, su uno schermo. E ci voleva James Gray con la suo nuova opera a portarci in questo mondo parallelo al quotidiano, con “Two lovers”, finora la vera sorpresa della stagione. La particolarità è che certe sensazioni riescono a comunicartele opere sognanti, oniriche, e non dei film che raccontano storie realistiche, come in questo caso. Così, quando ci si ritrova davanti alle vicende di Leonard, si è coinvolti fin da subito nella sua vita, quanto più normale sia: alla sua storia forse irrimediabilmente rovinata da un matrimonio fallito ancor prima di iniziare, al suo disturbo bipolare e depressivo conseguente, ai suoi ripetuti tentati suicidi, alle sue medicine. Questa è una direzione che il film e la storia prendono subito, salvo poi posizionarsi sulla trama più classica delle commedie romantiche, rivista in chiave drammatica: un triangolo d’amore. Gli altri due angoli sono costituiti da Sandra-Vinessa Shaw e Micelle-Gwyneth Paltrow, due donne completamente opposte, che entrano della vita del non più giovanissimo Leonard proprio assieme, quasi nello stesso momento. Come si può notare la trama è assolutamente scontata, la solita storia vista e rivista, ma il fascino stesso dell’opera è quello di “catturarci emotivamente”, farci entrare subito nella testa del protagonista, seguendo ogni cosa che gli capita quasi freneticamente, mordendosi le labbra e tendendo i muscoli. La cosa assurda è che questo processo di identificazione è molto strano: pare, a lunghi tratti, di non essere dalla parte del protagonista, però si sente, si pensa e si ragiona come lui! Leonard è sostanzialmente un disadattato, chiuso tra il suo passato, il lavoro sconfortante e la famiglia ebrea ultraossessiva ma nello stesso momento molto affezionata e pericolosamente attenta a lui. Senza analizzare gli sviluppi della trama, lui risulta la scheggia impazzita in mezzo ai due fuochi che, classicamente, sono la “sicurezza” e il “rischio”, rappresentati nella fattispecie anche dalle fisionomie diverse delle due donne protagoniste, la mora e la bionda. E lui, nonostante appaia come una persona che non pensa come la massa, è più attratto dal rischio-Michelle, come capita spesso. Gli sviluppi e il finale saranno un gelido tuffo nell’ordinary life, altro classico. E’ un film totalmente concentrato sul personaggio principale, che passa continuamente da stati depressivi a momenti euforici, è triste ma divertente, esuberante ed introverso, e l’interpretazione di Joaquin Phoenix è straordinariamente indimenticabile, e il suo recente annuncio di voler abbandonare la carriere di attore (per la seconda volta, la prima fu dopo la morte del fratello River), sembra un delitto nei confronti della Settima Arte. Di fianco all’assoluto mattatore ci sono una più che mai convincente Gwyneth Paltrow, una brava Vinessa Shaw e, nel ruolo della madre di Leonard, una ritrovata Isabella Rossellini in gran forma. Da citare anche l’ambientazione, tipica di Gray, di Brighton Beach, a Brooklin, e le incursioni a Manhattan, nel cuore della Grande Mela. Alla fine è un film che rimane, ti sembra di non aver stretto niente, ma la verità è che hai afferrato tutto, e questo tutto sono i sentimenti, ma, paradossalmente, non è un film sentimentale…e questo dice tutto!