Francesco Munzi ANIME NERE
2014 » RECENSIONE | Drammatico
Con Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo, Barbora Bobulova
31/10/2014 di Paolo Ronchetti
Dopo l’ottima accoglienza in concorso a Venezia da parte della stampa e del pubblico, con standing ovation e 13 minuti di applausi, devo dire che la visione di questo Anime Nere di Francesco Munzi (di cui fu folgorante il suo esordio Saimir nel 2004) era da me molto attesa (anche con timore). Sul tema della malavita organizzata molti film si sono persi in banalità stereotipate e pochi registi hanno provato realmente strade per un racconto convincente (cito ad esempio lo splendido e sfortunato Luna Rossa di Antonio Capuano così avanti nei tempi e disturbante da essere stato stroncato dalla critica normalizzante del nostro paese nel 2001).
E questo Anime Nere? Anime Nere convince a metà e in realtà faccio fatica a capire cosa non funziona. Forse mi ha nuociuto la spavalderia del regista - che con le dichiarazione sull’aver fatto un film scomodo, diverso, radicale, togliendo il fascino degli atti dei personaggi - mi/ci aveva prefigurato qualcosa che a volte c’è ma a volte manca.
A volte basta una piccola scelta del regista, quasi invisibile ai più, per avere la sensazione che da lì si possano leggere quelle sensazioni che non capivi sino ad un momento prima. Per me la scena in cui uno dei fratelli viene svegliato in camera d’albergo con una prostituta, per come è girata, ha al suo interno tutti i segni per leggere il film. Quello che il regista sceglie di mostrare è come il regista vede e vuol far vedere. In quella scena il, bellissimo, corpo della ragazza è mostrato con una, attraente, eccessiva patinatura. Munzi poteva decidere di lasciare la ragazza sotto il lenzuolo e non sarebbe cambiato nulla, così come poteva rendere meno attraente e più scomoda la scena. Invece decide di rendere il fianco della ragazza troppo gratuitamente appetibile. Dov’è la radicalità? Qui c’è solo una attraente e gratuita scena che secondo me dice qualcosa sugli equivoci su cui gioca la regia.
Basta così poco? Per incrinare la credibilità di una storia, la tua storia d’amore con un film? Sì!
Ma non vorrei si pensasse ad un brutto film.
Fotografia, luoghi, attori scrittura dei personaggi sono assolutamente interessanti così come funziona benissimo l’aver scelto di lasciare molti dialoghi in calabrese sottotitolandoli. Sicuramente la figura del padre, il fratello più grande, rimane impresso forte nella mente così come i complessi giochi di potere famigliari che vengono continuamente mostrati e che danno l’idea di come certi giochi di potere, in quei luoghi (e non solo), facciano così parte del sistema di relazioni da apparire ancestralmente inscardinabili. Si vede una scrittura forte e mai buttata lì a caso e una riflessione sulle storie raccontate che non si accontenta della banalità. La caparbietà degli atti, qualsiasi atto, si attacca ai personaggi come seconda pelle, come corazza individuale che, fatalmente, difficilmente salverà. Una corazza che, promettendo l’assoluto e l’imbattibilità, restituisce invece la vulnerabilità di un cambiamento culturale forse impossibile. Anche per questo quel qualcosa che non convince completamente, quel qualcosa che sembra troppo compiacente o falso rispetto all’idea iniziale del film, fa così male. È proprio nel suo volersi (potersi) porre su un piano di narrazione più alto, nel suo ricordare e ispirarsi, senza minimamente copiare, alla tragedia greca e a film come Fratelli di Abel Ferrara o il già citato Luna Rossa, ciò che rende in questo Anime Nere più evidenti le sue, comunque piccole, incertezze.
Film comunque superiore alla media dei film in programmazione.