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D.fincher PANIC ROOM
2002 » RECENSIONE |
Con J.Foster, K.Stewart, F.Whitaker, D.Yoakam
di Elena Cristina Musso
Il film rispetta scrupolosamente i classici canoni del thriller e, forse, proprio per questo, in alcuni momenti risulta un po’ troppo scontato e certi particolari inseriti nella storia in modo un po’ forzato. Ma la straordinaria regia di David Fincher - che conosciamo per film quali “Alien 3” del ‘92 e “Seven” del ’95 - fa perdonare qualsiasi cosa. L’impeccabile talento del regista si apprezza soprattutto là dove la storia propone situazioni al limite del prevedibile rischiando di allentare la tensione. La macchina da presa ci regala momenti di autentica vertigine correndo spericolatamente attraverso ogni angolo della casa, insinuandosi persino nei buchi delle serrature o nelle intercapedini. E con la stessa maestria indaga sui volti degli attori cogliendone ogni cambiamento emotivo. Jodie Foster nella parte della protagonista regala all’interpretazione del ruolo tutta la forza della sua espressività, caricando di tensione ogni suo gesto, dando vita ad un personaggio fragile ma capace di impennate di imprevedibile forza, in alcuni momenti non solo interiore. Degne di nota le interpretazioni di Forest Whitaker – che ricordiamo fra l’altro ne “La moglie del soldato” - nel ruolo di Burnham, il “buono” fra i tre malviventi, spinto al crimine dalla necessità e, perciò, completamente diverso dallo spietato complice Raoul, interpretato da un bravissimo Dwight Yoakam, che pur con il volto coperto da un passamontagna per buona parte del film, riesce a costruire un personaggio che rivela la sua natura più crudele solo attraverso i gesti e l'intensità dello sguardo.
E’ un film in cui le vere emozioni ci sono date dalla perfezione di una regia straordinariamente moderna anche se evidentemente influenzata da Hitchcock, in assoluto, maestro del genere.