David Barnard DISTANT SKY - NICK CAVE and THE BAD SEEDS
2018 » RECENSIONE | Documentario | Storico | Musica e cinema
Con NICK CAVE and THE BAD SEEDS
17/04/2018 di Laura Bianchi
Prendiamo una delle icone della musica mondiale, Nick Cave, che, per fermare quel concerto coi suoi Bad Seeds, chiama un regista sensibile ed esperto nel maneggiare la materia esplosiva della musica live, David Barnard.
Prendiamo Distant Sky, il titolo più significativo del percorso, doloroso e difficile, che l'artista australiano ha dovuto compiere in questi ultimi due anni, segnati dalla tragica scomparsa del figlio e da una conseguente depressione.
E mettiamo, in questo coacervo di fatti ed emozioni, un'idea: un film documento, che sceglie di non magnificare il backstage del divo rock, ma di rappresentare fedelmente un intero concerto, quello tenutosi a Copenhagen nel corso del recente, catartico tour.
Rivedere sul grande schermo, a distanza di poco tempo, lo stesso evento, senza poter percepire il feeling che solo un live sa offrire, è impresa rischiosa, quasi una scommessa. Ma Barnard la vince, grazie a un montaggio mai lisergico o ridondante, nemmeno nei brani più concitati, come nella splendida cavalcata punk di Jubilee Street. La sua cinepresa indaga negli sguardi fra Cave e i suoi pards, e riprende, fissandole, l'estrema concentrazione di Larry Mullins, la possessione dionisiaca di Warren Ellis, la tensione di George Vjestica nel cogliere le intenzioni di King Ink. Tecnicamente ineccepibile è inoltre la scelta di filmare il palco in modo che tutti i musicisti siano a fuoco nello stesso tempo, insieme a Cave, che si muove costantemente fra palco e pubblico; infine, le riprese dedicate a quest'ultimo non sottolineano l'aspetto quasi mistico e devozionale dei fans, ma solo la profonda sintonia fra loro e l'artista - uomo.
Quando poi, per cantare parte del brano che dà il titolo al film, il soprano Elsa Torp sale alla ribalta, l'emozione di Cave trapassa dallo schermo allo spettatore, e i suoi occhi persi e pieni di lacrime, dettaglio impossibile da cogliere in un concerto, riempiono di senso il progetto.
Le mani di Cave, quelle dei Bad Seeds, quelle del pubblico, protese alla ricerca di un contatto, diventano allora un insieme unico, perfettamente illuminato da una fotografia lucida e coerente, e trasmettono sensazioni ed emozioni fortissime.
Sul tutto, un suono pieno e pulito, colori densi e pastosi, e inquadrature dal palco, impossibili da cogliere durante un concerto, rendono il film più di un documento sonoro di un live, ma un'opera compiuta ed efficace per la comprensione di uno degli artisti più influenti della nostra epoca.