Claudio Caligari

Drammatico

Claudio Caligari Non essere cattivo


2015 » RECENSIONE | Drammatico
Con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Roberta Mattei, Silvia D`Amico

27/10/2015 di Alessandro Leone
Claudio Caligari ci ha lasciato a Maggio facendo in modo che questo film diventasse il suo testamento cinematografico ed allo stesso tempo un monito verso tutti. Non essere cattivo (con il tuo prossimo) è anche un comandamento, tra i più significativi, ed il regista ne dimostra le conseguenze. E’ il terzo film in trent’anni ma, stando agli effetti, parrebbe valsa la pena aver aspettato e spesso ci siamo chiesti come mai un film di tale valore sia trasmesso in pochi cinema, così pochi risultare inscritti in una esigua immagine su facebook. Per questo riprendiamo la battuta di un fan: “Pochi cinema lo trasmettono, se vince l’Oscar pochi cinema non lo trasmetteranno!”
Ostia diventa di nuovo la periferia di Roma, il luogo del degrado e del malaffare, come in Suburra, ma a questo si aggiunge l’amore, che non è un concetto generico ma si riproduce in ogni rapporto che la pellicola inscena con la differenza che, per quanto possa essere grande, non sempre riesce a re-indirizzare una persona sulla retta via. Di conseguenza, Non essere cattivo si presenterebbe ai nostri occhi come uno di quei film che parte dagli eccessi per sfociare nelle conseguenze ma mai è stato fatto inscrivendovi una tale sofferenza poiché, a risultarne colpito non è solo lo sperimentatore ma anche coloro che sono legati a lui secondo un affetto fraterno o un legame d’amore.
Dapprima è Vittorio a rendersene conto, a vedere il demonio nell’olio, ad immaginare sirene fluttuanti sulla strada uccise a sangue freddo, a trovare una donna per cui valga la pena dimenticare, lavorare, espiare i peccati. Ma Cesare invece, probabilmente dal carattere più forte, si dimostra paradossalmente più debole e riporta nella spirale della droga anche il suo amico fraterno, lo stesso Vittorio, che rischia di mandare all’aria ciò per cui vale la pena vivere. Lo snodo cruciale, tuttavia, si verifica alla morte della nipotina di Cesare, che perse già i genitori per l’HIV, inerme ed incapace di reagire. Questione di background, di contesto e di educazione, l’assenza dell’amore più grande è un colpo definitivo verso l’altrettanto definitiva parabola discendente. Da quel momento vengono a mancare le scene in assoluto più toccanti del film, quei pochi scambi tra Cesare e quella “brutta” di sua nipote, una tragedia annunciata, in cui sua madre ha parlato a suo nome: “Non ce la faccio a subire un’altra botta”.
Viene meno anche la presenza dello stato dato che, stando a vedere l’ambiente, tutti provengono dallo stesso background e parrebbero aver già sperimentato i dolori della vita a cui non c’è rimedio. E’ per questo che con Non essere cattivo e ricollegandosi a Suburra, abbiamo la sensazione che Roma e dintorni non siano governati dallo stato oppure che non lo siano affatto. In realtà, l’amore continua ad essere il filo sottile che costituisce il leitmotiv dell’intera opera e persino quello che risulterebbe fallito, data la morte di Cesare, con Viviana, in realtà si ri-crea negli occhi del piccolo Cesare, un lascito amaro attraverso cui anche lei ha la forza di reagire e davanti a cui Vittorio piange le ultime lacrime di una vita che solo ora può proseguire senza difficoltà, ovvero con la consapevolezza che qualcosa di Cesare sia rimasto, qualcosa da cui poter ripartire senza guardarsi indietro. E’ la scena finale che ricongiunge anche due vecchi amici sotto il legame comune della vita, una nuova vita, giusto quella che è funzionale a rendere migliori se stessi e gli altri.
Non siate cattivi, vivete per voi e per gli altri oppure se non volete farlo per voi fatelo per gli altri perché saranno loro a darvi, prima o poi, un motivo per vivere.