Andrew Stanton

Animazione

Andrew Stanton WALL-E


2008 » RECENSIONE | Animazione

di Francesco Bove
Il cinema internazionale, in un certo senso, sta vivendo due fasi peculiari : una involutiva e l’altra evolutiva. Non è questa la sede per iniziare un dibattito sull’involuzione del cinema internazionale ma, brevemente, vorrei soffermarmi sulla fase evolutiva del cinema che comprende anche e soprattutto il cinema d’animazione. Ormai sono lontani i tempi in cui il film d’animazione era visto solo dai bambini accompagnati dai genitori, come è lontana anche la bonarietà di questo genere cinematografico che ha cresciuto diverse generazioni di bambini.
Il bambino di oggi non cresce più nella bambagia ma è un video-bambino innanzitutto (1) con tutti i pregi e difetti che questo può comportare. Ovviamente, nemmeno questa è la sede per trattare un argomento così delicato ma è indispensabile per introdurre un film come Wall-E prodotto dalla Pixar. Allora, innanzitutto il bambino di oggi, già dalla più tenera fascia d’età, si trova a dover affrontare problemi che, forse, sono più grandi di lui ma che, in un certo senso, possono aiutarlo a crescere meglio. Mi spiego meglio : Wall-E è un film che, oltre ad essere un capolavoro per ragioni che spiegherò a momenti, è una lezione di educazione civica. Questo perché, oltre a contenere gli elementi d’intrattenimento tipici di un classico film d’animazione, è anche un invito a rispettare il mondo che ci circonda. Un messaggio del genere, semplice e diretto, non è di difficile comprensione nemmeno per un bambino che, da poco, ha conosciuto il mondo. Questa è la prima qualità, squisitamente sociologica, di questo film. Le altre, che non sono da meno, sono riconducibili ad un aspetto prettamente filmico. La prima parte di Wall-E (che possiamo far terminare con l’arrivo dell’astronave a cui Wall-E si aggrappa per raggiungere Eve) è, a dir poco, un capolavoro degno del Kubrick di “2001”. E, badate, non si fa un errore ammettendo questa sacrosanta verità anche se si va a toccare un caposaldo della cinematografia mondiale. La prima parte di questo capolavoro della Pixar ha la stessa forza espressiva dell’opera di Stanley Kubrick. Forse il film perde colpi nella seconda parte ambientata nell’astronave ma, ovviamente, il film rimane qualitativamente sempre su vette altissime. C’è tanta passione civile nel film “Wall-E” ma soprattutto tanta rabbia verso uomini privi di sensibilità e non è un caso, a mio avviso, che delle fredde macchine siano più coscienziose del genere umano. Wall-E, ultimo robot rimasto sulla terra, si trova dinanzi una città-mondo-cimitero dove la speranza viene data da una piccola pianticella sopravvissuta ad una catastrofe immensa. Eve, invece, deve compiere la direttiva che le è stata assegnata, ovvero di riportare gli uomini sulla terra, e rappresenta la nuova speranza per il genere umano. L’Uomo, relegato in un’astronave-città in cui ci sono tutti i comfort, è un essere de-pensante, che riesce a comunicare solo tramite computer perdendo la percezione della realtà. Si nutre di strani succhi, si sposta solo tramite sedie-vetture ed è grasso (satira del mondo americano?). Ritengo particolarmente significativa la scena in cui un giovane, solo cadendo per un incidente dalla sua sedia-vettura, si accorge della piscina pubblica costruita sull’astronave e crede ingenuamente che l’abbiano costruita da poco. Insomma, a conti fatti, l’uomo è ridotto a macchina e la macchina, invece, possiede facoltà e sentimenti umani. Visione terribilmente apocalittica e “fantasiosa” ma realmente impossibile? Wall-E è cinema, a tutti gli effetti, come non si vedeva da tempo. Costruito con intelligenza, riesce a puntare il dito su una piaga reale e vicinissima a noi (mica è fantasia un mondo dominato da rifiuti?) e, pur essendo un film d’animazione rivolto ad un pubblico di ragazzi, è un monito rivolto agli adulti, alla loro scelleratezza, alla loro stupidità. Wall-E ha dei momenti commoventi, intensi, speciali e, credetemi, deve essere il punto di partenza per un nuovo tipo di cinema che, purtroppo, si sta eclissando dietro stereotipi e facili convenzioni.

(1) Vedi Giovanni Sartori, Homo Videns : televisione e post-pensiero, Bari 2000.